SitoPreferito

animali fantastici e dove trovarli

Indagine sui Giganti: esseri primordiali, incarnazione delle forze della natura

Segui Email “Siamo come nani sulle spalle di Giganti” Diceva il filosofo Bernardo di Chartres. Ma più che sulle

Indagine sui Giganti: esseri primordiali, incarnazione delle forze della natura

“Siamo come nani sulle spalle di Giganti”

Diceva il filosofo Bernardo di Chartres.

Ma più che sulle spalle, è più probabile che i Giganti preferiscano tenerci tra le fauci, viste le varie testimonianze sui loro gusti al riguardo…

Fin dalle epoche più antiche, tutti i racconti e le leggende sui Giganti non ce li descrivono come creature propriamente dolcine e coccolose, ma piuttosto come esseri brutali, dall’indole violenta e distruttrice.

Nella Bibbia si parla di loro nella Genesi (6, 1‒7), tra gli esseri malvagi, corrotti e superbi che Dio decise di annientare con il diluvio universale:

“Gli uomini frattanto si erano moltiplicati sulla faccia della terra ed erano nate loro delle figlie. I figli di Dio, vedendo che le figlie degli uomini erano belle, si presero per mogli quelle che fra tutte piacquero loro di più. […] In quel tempo vi erano i Giganti sulla terra e ve ne furono anche dopo che i figli di Dio si erano uniti alle figlie degli uomini, e da queste nacquero loro dei figli. Sono essi gli eroi famosi fin dai tempi antichi. Il Signore, vedendo che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che tutti i pensieri concepiti nel loro cuore erano rivolti continuamente al male, si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo, tanto che disse: «Sterminerò dalla faccia della terra l’uomo da me formato: uomini e animali, rettili e uccelli dell’aria, tutto sterminerò, poiché mi pento di averli fatti.»”

Anche da altre fonti, come ad esempio la mitologia norrena o quella greca, ci viene offerta una visione piuttosto univoca dei Giganti: degli esseri primigeni e primordiali, dalla natura caotica, incarnazione delle forze della natura, cui si opponeva il pantheon delle divinità vigenti che rappresentavano l’ordine, la civiltà, la razionalità. La sconfitta e la sottomissione di queste prime creature ad opera delle seconde forniva una spiegazione di come si era giunti alla situazione attuale: dal kaos al kosmos.

Nella mitologia nordica i Giganti sono fra le figure predominanti, a partire dalla stessa cosmogonia. Essi infatti esistono da prima del mondo, che ebbe origine proprio dal corpo di un gigante, Ymir. Durante il suo primo sonno, un figlio ed una figlia Giganti crebbero sotto le sue ascelle, i due si accoppiarono e diedero vita ad un mostro con sei teste. Questi tre esseri diedero vita alla razza degli Hrímþursar ‒ “Giganti della brina” o “Giganti del ghiaccio” ‒ che popolarono Jǫtunheimr, il mondo delle nebbie, freddo e ghiacciato. Quando il Gigante Ymir venne ucciso da Odino, assieme ai suoi fratelli Víli e Vé, il suo sangue ‒ cioè l’acqua ‒ inondò Jǫtunheimr ed uccise tutti i Giganti, eccetto per uno conosciuto come Bergelmir e la sua sposa, che ripopolarono il loro genere.

Come accennavamo, la sconfitta dei Giganti per mano degli dei rappresenta il trionfo della cultura sulla natura, sebbene al costo di una continua vigilanza: il dio Heimdallr sta perpetuamente di guardia sul ponte Bifrǫst che porta da Ásgarðr a Jǫtunheimr e Thor spesso rende visita al mondo dei Giganti per ucciderne quanti più gliene è possibile; come mostra il primo film di “Thor” della saga Marvel.

Nella mitologia greca, i Giganti erano esseri immortali come le divinità, e come ricorda il poeta Esiodo nella “Teogonia”, erano i figli di Urano (Ουρανός) e Gea (Γαία), ovvero, del cielo e della terra, nati in modo alquanto creativo e splatter: Crono, titano ultimogenito di Gea e di Urano, riesce con l’aiuto della madre a spodestare il padre, che teneva prigionieri tutti i suoi figli nel Tartaro ‒ una voragine infernale al centro della Terra ‒ e gli recide con una falce i genitali. Dal sangue di Urano, che feconda Gea, nascono i Giganti, esseri grandissimi per metà umani e per metà serpenti (secondo alcuni dalla vita in giù o, secondo altri, con le gambe rivestite di squame). L’aspetto di serpente, come per altre creature mostruose del mito antico, è sempre simbolo del mondo ctonio, sotterraneo e misterioso, spesso identificato con le forze del male, opposte al mondo celeste e olimpico.

Queste creature, alleatesi con i Titani e con gli Ecatonchiri ‒ altri esseri enormi dotati di cento braccia, nati sempre da Gea e Urano ‒ diedero vita a una guerra con gli dei, tentando di scalare l’Olimpo: la Gigantomachia (“combattimento dei Giganti”), che ebbe termine grazie all’intervento di Ercole. La sua partecipazione a questa guerra era fondamentale; infatti una profezia aveva detto che l’esercito dei Giganti non sarebbe stato sconfitto se un semidio non avrebbe combattuto al fianco degli dei.

Questa vicenda è stata semplificata, adattata e narrata nel cartone animato di “Hercules”, della Disney. Ve la ricordate la profezia delle tre Parche?

“Precisamente tra diciotto anni,

i pianeti si allineeranno senza affanni,

di tempo per agire ne avrai a iosa,

sguinzaglia i titani, la tua banda mostruosa,

poi Zeus, un dì, fiero finalmente cadrà,

e a te Ade il potere andrà.

Un piccolo monito giunge infine,

se Ercole combatte, per te è la fine.”

I Giganti confidando, esclusivamente, nella loro straordinaria forza fisica per rovesciare gli dei, sono per questo puniti e rinchiusi nel centro infernale della Terra, e divengono simbolo di una superbia cieca ed empia.

L’epicità quanto la carica simbolica di questo leggendario scontro è così forte da essere rappresentato in opere d’arte che hanno fatto la storia: l’Altare di Pergamo – fatto erigere da re Eumene II (197-159 a.C.) e ora conservato a Berlino nel museo che da questo capolavoro prende il suo nome – raffigura la Gigantomachia in un altorilievo monumentale che si snoda su tutta la lunghezza dello zoccolo del basamento. L’altra opera la lascio introdurre al biografo degli artisti per eccellenza: Giorgio Vasari:

«Non si pensi alcuno di vedere mai opera di pennello più orribile e spaventosa, né più naturale di questa. E chi entra in quella stanza, non può non temere che ogni cosa non gli rovini addosso.»

Con queste parole Vasari si riferisce all’affresco che immortala il momento de “La caduta dei Giganti”, realizzato fra il 1531 e il 1536 da Giulio Romano a Palazzo Tè a Mantova.

Per il principio della percezione sincronica del Medioevo – in poche parole, in quell’epoca si aveva una visione un po’ appiattita del tempo che quindi si andava sovrapponendo, come anche gli elementi della cultura pagana venivano assorbiti senza soluzione di continuità da quella cristiana – Dante, nel XXXI canto dell’“Inferno”, colloca i Giganti come “torri di guardia” del luogo più profondo degl’inferi: Cocito, il lago ghiacciato in cui è conficcato il mostruoso corpo di Lucifero, il luogo in cui scontano la loro pena eterna i traditori:

“Così la proda che ’l pozzo circonda

Torreggiavan di mezza persona

li orribili Giganti, cui minaccia

Giove dal cielo ancora quando tuona.

Il poeta sceglie di porre proprio qui i Giganti, conficcati nella roccia fino alla cintola, ai margini del pozzo che circonda l’ultimo cerchio dei traditori, perché anch’essi, in un certo senso, si sono macchiati di questo stesso peccato; anticipando, per molti aspetti, Lucifero che è confitto al centro di Cocito e che verrà mostrato nell’ultimo Canto. Tanto i Giganti della tradizione biblica quanto quelli del mito classico si erano ribellati alla divinità con un folle e presuntuoso tentativo di dare la scalata al cielo, in maniera analoga a quanto aveva fatto il più bello degli angeli – Lucifero ‒ che si era ribellato a Dio volendo essere uguale a Lui.

I Giganti ricordano Lucifero anche per la loro bestialità, in quanto nessuno di loro sembra dotato di intelletto e sono descritti da Dante alla stregua di enormi animali privi di razionalità, proprio come il principe dei diavoli che verrà rappresentato come un immane mostro peloso, con attributi ferini e intento a divorare le anime di Giuda, Bruto e Cassio.

E passando da un Gigantomachia all’altra, non posso non citare il manga/anime che ormai è divenuto leggenda, mi riferisco ovviamente a “L’Attacco dei Giganti”, scritto e disegnato Hajime Isayama. Quest’opera dal 2009 incanta e coinvolge migliaia di persone.

Roseo come l’Apocalisse, epico come i Carmina Burana, “L’attacco dei Giganti” è ambientato in un mondo dove i superstiti dell’umanità vivono all’interno di città circondate da enormi mura difensive a causa dell’improvvisa comparsa dei Giganti, colossali creature umanoidi dall’intelligenza limitata, che non sembrano necessitare di cibo per vivere, ma che attaccano gli umani, ingoiandone i corpi.

L’autore ha dichiarato di aver deciso di incentrare la sua storia sui Giganti perché nell’immaginario collettivo sono creature rozze e disgustose, ed emanano un senso d’insicurezza. L’idea di base proviene da un episodio occorso ad Isayama all’uscita da un internet point in cui aveva appena lavorato. Quando uno sconosciuto, ubriaco, lo prese per il colletto; l’autore provò «la paura di incontrare una persona con cui non si riesce a comunicare» e si rese conto che «l’essere umano è l’animale più familiare e spaventoso del mondo».

Per questo, per l’aspetto fisico dei Giganti, Isayama si è basato su dei modelli umani; come il combattente Yushin Okami, che ha costituito lo spunto per la versione Gigante di Eren, e il wrestler Brock Lesnar, che ha ispirato il Gigante corazzato.

Siete curiosi di sapere chi sia Eren o il Gigante corazzato?

Leggete il manga oppure guardate l’anime, ne vale la pena!

Finora abbiamo parlato del Gigante come personificazione delle forze ancestrali e indomabili della natura, che vengono dominate dalla civiltà e dalla ragione, lo abbiamo visto come metafora di superbia ed empietà punita e, infine, come incarnazione delle paure più ancestrali che provocano in noi quel senso di insicurezza e vulnerabilità. Ma la figura del Gigante è stata utilizzata anche per fare della pungente satira, da autori dalla penna velenosa; mi riferisco a François Rabelais e Jonathan Swift.

Chi non ha mai sentito usare l’aggettivo “pantagruelico” alzi la mano!

Solitamente si riferisce alla sfera culinaria e indica un appetito oppure un pranzo immenso, smisurato, spropositato, smodato, abbondantissimo, eccessivo.

Questo termine nasce proprio dall’opera che François Rabelais scrisse nel 1532: “Gli orribili e spaventosi fatti e prodezze del molto rinomato Pantagruel re dei Dipsodi, figlio del gran Gigante Gargantua”, per gli amici “Pantagruel”.

Il racconto narra le avventure del Gigante Pantagruel, che affronta sempre con ottimismo e allegria ogni situazione, e costituisce la satira che il pensiero e la cultura umanistica fa della rigida e dogmatica cultura medievale. Rabelais, nella sua opera, invita a credere nella bontà della natura umana a rivalutarla in tutti i suoi aspetti e lasciarla libera di agire, senza restrizioni e soppressione degli istinti, principalmente da parte delle religioni cattolica e protestante. A tal fine, dal sarcasmo dell’autore non vengono risparmiate neppure la politica e i metodi educativi vigenti.

Altra critica alla società viene mossa quasi duecento anni dopo, da Jonathan Swift ne “I viaggi di Gulliver”. L’opera si presenta come il resoconto dei viaggi di Lemuel Gulliver presso particolari popoli, parodiando lo stile del resoconto di viaggi avventurosi che era comune in quel periodo. Ottenne popolarità come racconto destinato ai bambini. In realtà si tratta di una feroce critica alla società e al comportamento umano del tempo: ognuno dei viaggi diventa il pretesto per irridere il sistema giudiziario, i meccanismi del potere, la politica, la pretesa razionalità, i vizi e i comportamenti dei suoi contemporanei, l’assurdità delle convenzioni sociali, l’irrazionalità della guerra e gli svariati interessi e motivi che la causano (interessi economici, conflitti dinastici e religiosi, dispute politiche, interessi personali o di potere, ecc.). L’atteggiamento di Swift – a differenza di Rabelais ‒ è di profondo pessimismo sulle possibilità dell’uomo di migliorare.

Per quanto riguarda il nostro percorso alla ricerca dei Giganti, ci interessano solamente il primo e il secondo paese che Gulliver visita; rispettivamente: Lilliput e Brobdingnag.

Nel primo è lo stesso protagonista a diventare un gigante, in quanto l’intera popolazione di Lilliput non supera i 15 centimetri di altezza, mentre a Brobdingnag è Gulliver a sentirsi un lillipuziano, visto che gli abitanti sono alti all’incirca 22 metri.

Ripenso a quanto era epica la scena del combattimento con le vespe Giganti…

Ma non perdiamo il filo del discorso e continuiamo il nostro viaggio alla scoperta dei Giganti!

Alcuni racconti, ad esempio, ci descrivono Giganti diversi da come ce li ha mostrati finora l’immaginario collettivo; Giganti gentili o altruisti… avete già capito a chi mi sto riferendo?

Il “GGG – Il grande Gigante gentile” è un romanzo del 1982, scritto da Roald Dahl – di cui la Disney ha fatto un adattamento cinematografico – che mostra come non tutti i Giganti sono malvagi. GGG, infatti, è un Gigante vegetariano, il cui compito è catturare i sogni e portarli ai bambini addormentati.

Una fiaba di conversione è invece quella che ci offre la fantasia di Oscar Wilde: “Il Gigante egoista” racconta come anche un Gigante solitario e dal cuore duro, può cambiare, scoprendo quanto possa rendere felici essere altruisti.

Arrivati ormai al termine della nostra avventura nel mondo dei Giganti, voglio concludere questo articolo riabilitando la figura di un Gigante che è sempre stato etichettato come “cattivo”, ma che non lo è affatto; anzi, se analizziamo con obbiettività il suo comportamento, lo troveremo più che giusto e ragionevole.

Mi riferisco al Gigante della fiaba di “Jack e il fagiolo magico”. Pensateci bene: chi si introduce di soppiatto in una casa altrui? Jack. Chi ruba i sacchi di monete d’oro, la gallina dalle uova d’oro e l’arpa magica al suo legittimo proprietario? Jack. Chi muore schiantandosi al suolo nel tentativo di recuperare ciò che gli appartiene? Il Gigante. Chi vive felice e contendo godendosi la refurtiva? Jack.

Questa fiaba mette in cattiva luce un onesto abitante del paese dei Giganti, facendo passare come “buono” un giovane ladro, Giganticida per giunta, che la passa liscia e vivrà il resto della sua vita ricco e impunito.

Meditate gente, meditate.

 

About Author

Sabrina Amato

Sabrina ama l’arte, così tanto da prendersi due lauree per avere ancor più motivi per amarla. Prova un fascino irresistibile per tutto ciò che non conosce, che sia profondo o lontano, e quindi adora l’acqua, nuotare, il mare e gli oceani, ma adora anche le danze orientali e le arti marziali. Nerd con la passione per il vintage, nel tempo libero partecipa come miss agli eventi del Miss Pin Up WW2 e ad ogni Romics come cosplayer. Sa resistere a tutto tranne alle tentazioni, ai gatti, ai cartoni animati e ai libri.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *