Le Sirene: lasciatevi incantare dal canto soave della creatura marina più famosa
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“Appressati, Puck. Tu certo ben ricordi quando dalla cima d’un alto scoglio udii una sirena assisa sul dorso di un delfino la quale effondeva nell’aria tanto soavi ed armoniosi accenti che il rude mare s’ingentilì al suo canto, e alcune stelle, impazzite fuori balzaron dalle sfere per ascoltare la melodia dell’equorea fanciulla marina”.
(William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate)
Tra le creature marine la Sirena è certamente la più famosa. Tutti i popoli che abitano lungo le coste ne hanno fatto la protagonista delle loro fiabe, e di lei ci hanno dato infinite rappresentazioni i pittori, gli scultori, i poeti e i narratori.
Un personaggio amatissimo dagli artisti, dunque, ma anche dagli autori dei “Bestiari” medioevali, ossia di quei libri in cui si spiegavano caratteristiche e abitudini di animali quasi sempre fantastici.
Le origini delle Sirene sono antichissime e il loro nome deriva dal greco antico Seirenes, da seirà, laccio, oppure da seirios, bruciante.
Ed è proprio nei miti greci che incontriamo le Sirene per la prima volta: solo che non erano affatto metà donna e metà pesce, ma possedevano ali, artigli e un grande corpo d’uccello.
Gli antichi Greci, infatti, le descrivevano e le rappresentavano proprio così, come immensi uccelli dalla testa di donna che secondo alcuni erano nati dal sangue di Acheloo, il dio greco dei fiumi, raffigurato come un uomo barbuto con le corna in testa e la parte inferiore del corpo simile a quella di un serpente.
Lottando con lui, Eracle gli aveva strappato un corno e dalla ferita erano sgorgate tre – ma qualcuno dice otto, oppure undici – gocce di sangue, che si erano subito trasformate in altrettante Sirene.
Secondo altri, invece, le donne-uccello erano nate dal matrimonio tra Acheloo e la musa Melpomene, e altri ancora sostenevano che fossero compagne di Persefone, figlia di Demetra, trasformate in Sirene per punizione. Pur avendo assistito al rapimento della loro amica da parte di Ade, infatti, non avevano fatto niente per impedirlo, e la povera Persefone era stata trascinata negli Inferi, di cui sarebbe diventata regina.
Con le nostre Sirene, insomma, quelle greche sembrano aver in comune solo la voce bellissima e la passione per il canto, nonché l’abitudine di rapire i naviganti: la loro preda preferita, infatti, erano proprio i marinai.
Ma come hanno fatto, queste misteriose donne-uccello, a trasformarsi in donne-pesce?
Pare che la metamorfosi sia avvenuta a poco a poco, grazie all’influenza di due miti ancora più antichi: quello di Oannes, il dio babilonese dalla coda di pesce, che all’inizio dei tempi insegnò all’uomo tutte le arti della civiltà. E quello assiro con la leggenda della dea-luna Atargatis, mezza donna e mezza pesce, madre della regina assira Semiramide. Gli Assiri credevano che il sole e la luna si tuffassero nel mare alla fine dei loro viaggi attraverso il cielo e, dunque, era più che normale che avessero un corpo che permettesse loro di vivere sia fuori sia dentro l’acqua. La dea Atargatis era innamorata di un semplice mortale, ma lo uccise involontariamente. Vergognandosi dell’omicidio commesso, saltò in acqua trasformandosi in una Sirena.
Fatto sta che, un secolo dopo l’altro, la Sirena perse ali e piume per acquistare una coda squamosa, e già al tempo dei Romani il poeta Orazio parlava di una bella donna il cui corpo è per metà quello di un pesce. Ma è solo nel Medioevo – più o meno nell’VIII secolo d. C. – che il Liber Monstruorum, o Libro dei Mostri, descrive una Sirena identica a quelle che oggi conosciamo.
Anche se le fiabe e i miti non ne parlano molto, esistono anche Sirene maschio, o meglio Sireni, molto meno noti delle loro bellissime sorelle.
Il loro capostipite è probabilmente Oannes, il dio babilonese cui accennavamo poco fa; ma anche i Greci avevano il loro uomo-pesce, una divinità minore chiamata Triton. Figlio di Poseidone e di Anfitrite, fu lui a indicare la giusta rotta per il Mediterraneo all’eroe Giasone. Ed è da Triton che prendono il nome i Sireni greci, ossia i Tritoni. Anche nelle leggende arabe, però, c’è un Sireno chiamato Insàn, un omettino con la coda di pesce la cui apparizione è considerata di buon auspicio dai marinai, perché porta con sé la bonaccia. Presso gli Yoruba della Nigeria, invece, c’è un Sireno piuttosto minaccioso, il dio marino Olokum, che un tempo tentò di sommergere le Terra con le acque dell’oceano.
Le più famose tra le Sirene del Mare Egeo si chiamavano Thelxiope (“l’incantatrice”), Aglaope (“colei che ha la voce splendida”) e Pasinoe (“la seduttrice”).
Lungo le coste tirreniche della Magna Grecia – cioè in quella parte dell’Italia meridionale che fu dominata dai Greci – vivevano tre Sirene chiamate Partenope (“la vergine”), che diede poi il suo nome all’antica città di Napoli; Leucosia (“la bianca”), dalla quale prende il nome l’isola di Licosa, vicino Capri; Ligea (“colei che ha la voce chiara”).
La Sirena viene spesso rappresentata con lo specchio in mano, intenta a pettinarsi con un pettine d’oro, e non c’è da stupirsi che questa sia una delle sue occupazioni preferite. Oltre ad essere bellissima, infatti, la donna-pesce ha lunghi e magnifici capelli biondi o verdi, dai quali il pettine fa cadere una pioggia di perle e pietre preziose.
C’è chi dice che le dita delle sue mani siano unite da sottili membrane, che però non le impediscono di afferrare con straordinaria rapidità i pesci di cui si nutre, e che divora crudi con i denti sottili e aguzzi. Quanto alla famosa coda di pesce, secondo alcuni, comincia appena sotto l’ombelico e secondo altri un po’ più in basso, dove noi esseri umani abbiamo l’attaccatura delle gambe. Inutile dire che le Sirene non portano vestiti, che in acqua sarebbero d’impaccio. Però amano molto ornarsi di ghirlande di fiori, perle e conchiglie.
Spesso le Sirene erano rappresentate con in mano la cetra, che serviva per accompagnarsi nel canto. La loro principale caratteristica, infatti, era la voce meravigliosa, che nei secoli è diventata un simbolo di seduzione e di richiamo irresistibile. I marinai che la sentivano, però erano perduti, perché quella voce li stordiva, li confondeva, li costringeva a gettarsi in acqua, dove le incantatrici li aspettavano per trascinarli sul fondo del mare. Anche se, nelle speculazioni escatologiche posteriori i miti antichi, le Sirene passarono per essere divinità psicopompe – ossia che avevano il compito di accompagnare le anime dei morti nell’oltretomba – o dell’aldilà; le quali cantavano per i Beati, nelle Isole Fortunate. Per questo motivo spesso si trovano raffigurate nei sarcofagi.
Secondo quel che ci racconta Omero nell’Odissea, Ulisse fu uno dei pochi che sopravvissero al canto delle Sirene, grazie a un astuto stratagemma. Anche se la maga Circe l’aveva messo in guardia contro quelle voci che procuravano la morte ai marinai:
“Le sirene lo stregano con il loro canto soave, sedute sul prato; intorno hanno cumuli d’ossa di uomini imputriditi, dalla carne disfatta”.
L’eroe si fece legare all’albero della nave, in modo da poterle ascoltare senza pericolo. Ai suoi marinai, invece, aveva ordinato di turarsi le orecchie con la cera, e così le donne-uccello erano rimaste senza preda. Con queste parole le Sirene si rivolsero a Ulisse:
“Avvicinati dunque, glorioso Odisseo, grande vanto dei Danai, ferma la nave, ascolta la nostra voce. Nessuno mai è passato di qui con la sua nave nera senza ascoltare il nostro canto dolcissimo: ed è poi ritornato più lieto e più saggio. Noi tutto sappiamo, quello che nella vasta terra troiana patirono Argivi e Troiani per volere dei numi. Tutto sappiamo quello che avviene sulla terra feconda”.
Ma anche Giasone, partito alla ricerca del Vello d’Oro insieme agli Argonauti, aveva escogitato un modo per evitare gli agguati delle Sirene. Sulla sua nave, infatti, viaggiava un cantore straordinario, Orfeo, la cui voce superava in dolcezza quella di chiunque altro, dio o mortale che fosse. Così gli uomini dell’equipaggio avevano preferito ascoltare lui piuttosto che le Sirene, e loro, furibonde, si erano gettate dall’alto di una rupe.
Come tutte le creature d’acqua dolce o salata che sia, anche le Sirene possono cambiare forma.
Secondo le fiabe nordiche, per esempio, basta che raggiungano la terra per ritrovarsi con un paio di normalissime gambe al posto della coda, ma appena tornano a bagnarsi riprendono la loro forma originaria. Grazie a questa capacità potrebbero vivere tra gli uomini, se non fosse che il loro corpo non può restare a lungo lontano dall’acqua, a rischio di disidratarsi e disseccarsi completamente.
E proprio la mancanza d’acqua è l’unica cosa che minaccia l’esistenza delle Sirene, altrimenti immortali ed eternamente giovani.
All’acqua sono legati anche i loro poteri più importanti: suscitare o placare le tempeste e farsi obbedire dai pesci e dalle altre creature marine.
Come tutte le creature acquatiche, inoltre, le Sirene possono predire il futuro e conoscono tutto quello che accadrà.
Per i marinai dei secoli scorsi vedere una Sirena era considerato di cattivo augurio: non solo si pensava che fosse annuncio di tempesta, ma si temeva che di lì a poco qualche membro dell’equipaggio sarebbe impazzito o scomparso.
Eppure sulla prua di molte navi c’era una polena – una figura di legno scolpito – a forma di Sirena, come se gli uomini di mare volessero scongiurare l’ostilità delle Sirene attraverso questo singolare omaggio.
Si dice che le Sirene vivano in profonde grotte sottomarine oppure in sontuosi castelli di materiali preziosi, ornati di relitti e di conchiglie. Nell’uno e nell’altro caso, le loro abitazioni sono piene di favolosi tesori colati a picco insieme alle navi e gelosamente custoditi sott’acqua (vi ricordate la grotta di Ariel?). Spesso le Sirene li offrono spontaneamente agli uomini che le hanno aiutate senza chiedere nulla in cambio, ma puniscono con severità quelli che tentano di impadronirsene con l’inganno.
Secondo le fiabe celtiche, nelle case sottomarine di Sireni e Sirene non ci sono soltanto oro e gemme: appese alle pareti si vedono anche innumerevoli nasse per aragoste, dove sono conservate le anime degli annegati. E a volte è con le ossa dei marinai morti che le Sirene costruiscono i loro palazzi.
I rapporti tra uomini e donne-pesce non sono dei più facili, visto che queste ultime sembrano decise ad attirare i mortali sott’acqua per farli annegare. Il perché di tanta malvagità andrebbe cercato nell’immensa invidia che le Sirene nutrono per gli esseri umani, dotati di un’anima immortale.
Ma questa spiegazione non è granché soddisfacente: sembra più probabile, dopotutto, che anche le Sirene possiedano il carattere dispettoso e maligno comune a buona parte del Piccolo Popolo – le creature magiche – e che per loro gli uomini siano intrusi prepotenti e fastidiosi.
Ma accade spesso che, pur strappando gli uomini alla vita sulla terra, le Sirene offrano loro una nuova esistenza sott’acqua. Gli uomini che le Sirene scelgono come sposi possono vivere sul fondo del mare respirando l’acqua come fosse aria, e non rischiano di morire né di invecchiare (si veda la fiaba giapponese di Urashima Tarō).
A volte, poi, è la Sirena che decide di vivere sulla terra per amore di un uomo, ma in questo caso il marito dovrà stare attento a non rimproverarla mai, anche se la moglie acquatica si comporta in modo stravagante, ridendo ai funerali e piangendo alle feste. Al terzo rimprovero, infatti, la donna-pesce riprenderà la via del mare e il suo sposo non la vedrà mai più. I bambini che nascono da questi matrimoni hanno spesso i piedi palmati e le dita delle mani unite da una sottile membrana, e nuotano come pesci.
In ogni parte del mondo si ritrova la figura della Sirena, ma con sostanziali differenze.
Ad esempio nella mitologia scozzese Ceasg è una Sirena dalla coda di salmone che, se catturata, in cambio della libertà esaudisce tre desideri. Tuttavia chi se ne innamora è destinato a disperdersi nelle profondità marine.
Con l’avvento del cristianesimo la leggenda delle Sirene si adeguò ai tempi. Nacque la versione della Sirena che desiderava avere un’anima ma che, per conquistarla, doveva unirsi a un umano e vivere sulla terra rinunciando al mare. La promessa, impossibile da mantenere, condannava le Sirene a una perpetua e infelice lotta con sé stesse.
Secondo una storia del VI secolo d. C., una Sirena si recava tutti i giorni da un monaco di Iona – un’isoletta scozzese – e pregava con lui perché Dio le concedesse un’anima e la forza di lasciare il mare. Nonostante la sincerità del suo desiderio e il suo amore per il monaco, la Sirena fu incapace di rinunciare al mare. Le lacrime che pianse abbandonando l’isola si trasformarono in sassi e, ancora oggi, le pietre verdi della costa di Iona si chiamano “lacrime di Sirena”.
Questa leggenda è stata ripresa nel quarto capitolo di “Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare”.
Ma le Sirene non sono caratterizzate da un aspetto avvenente in tutte le parti del mondo.
Le ningyo – le Sirene giapponesi – secondo le leggende non sarebbero fanciulle affascinanti dalla coda di pesce come le Sirene della cultura occidentale, bensì esseri orribili e terrificanti: pesci con un viso umano e spesso corna o altri particolari “diabolici”, oppure creature più simili a scimmie con corpo e denti da pesce, squame dorate e brillanti e la voce simile a quella delle allodole. Si dice inoltre che fossero famose per le loro carni, profumate, deliziose e con l’incredibile capacità di allungare la vita o addirittura donare immortalità. Il momento ideale per la cattura sarebbe prima delle tempeste.
Siamo giunti al termine del nostro viaggio nel mondo suadente e affascinante di queste creature leggendarie che ammaliano con il loro canto. Ma esse stesse hanno ispirato il canto degli umani divenendo le protagoniste di alcune splendide canzoni come il Canto delle Sirene di Francesco De Gregori, Le Sirene di Vinicio Capossela e la più recente Leggenda di Cristalda e Pizzomunno di Max Gazzè.
Un altro capitolo di questa nostra avventura nella terra delle creature fantastiche si conclude. Ma di tante creature ancora si racconta nel libro di Magia…
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