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L’orco attraverso i secoli: un viaggio nel folklore e nella letteratura tra miti, leggende e simbolismo

50 sfumature di orco tra fiabe, leggende mitologia e realtà. Scopriamo assieme questa terrificante creatura.

L’orco attraverso i secoli: un viaggio nel folklore e nella letteratura tra miti, leggende e simbolismo

 

“Cantami, o Diva, del Pelìde Achille

l’ira funesta che infiniti addusse

lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco

generose travolse alme d’eroi,

e di cani e d’augelli orrido pasto

lor salme abbandonò (così di Giove

l’alto consiglio s’adempìa), da quando

primamente disgiunse aspra contesa

il re de’ prodi Atrìde e il divo Achille.”

(Omero, Iliade, I, 1-9)

Mi rendo conto che i versi citati di questo passo del poema omerico siano un tantino criptici, ma la parte che più ci interessa è il punto in cui si dice che l’ira funesta di Achille mandò anzi tempo all’Orco anime generose di eroi.

Qui le questioni sono due: o nell’Iliade uno dei personaggi era un Orco, oppure l’Orco di cui parla il poema non è quello che ormai è parte del nostro immaginario collettivo.

E la risposta esatta è… la numero 2!

Risposta che ci rivela anche l’ancestrale origine di questa creatura.

Origini dell’Orco

L’Orco di cui si parla nel passo dell’Iliade altri non è che Ade, la divinità degli Inferi, identificata con gli Inferi stessi. Ma vi devo delle ulteriori spiegazioni, perché nella traduzione che ho usato, Vincenzo Monti – il grande poeta e scrittore che l’ha realizzata – sceglie, per riportare il testo greco in italiano, di sostituire la divinità greca Ade, con quella tutta italica Orco, anzi più precisamente etrusca, naturalizzata romana.

Orco è ritratto in alcuni affreschi nelle tombe etrusche come un gigante peloso e barbuto. Presso gli etruschi il destino di ogni defunto era di essere condotto in un mondo di patimenti, senza luce e speranza, popolato da creature demoniache, come Soranus, Tuchulcha, dal volto di avvoltoio e armato di serpenti, o Charun, dal volto deforme che regge un pesante martello; i quali occupavano un ruolo di primo piano come rapitori e carnefici delle anime. In questo quadro, probabilmente, trae la sua origine la tetra figura di Orco.

L’orco, un troll mancato

Una volta giunto nel pantheon delle divinità romane, proprio attraverso la lingua e la cultura latina giunge fino alle terre più remote dell’Impero. E proprio nell’Europa del nord lo ritroviamo all’interno del più lungo poema epico in lingua inglese arcaica: Beowulf, un’opera di 3182 versi datata intorno alla metà dell’VIII secolo d.C..

Quest’opera narra le gesta dell’eroe Beowulf che, tanto per cambiare era bello, bravo, grande e forte. Costui in una delle sue imprese uccide Grendel, un mostro gigantesco e sanguinario il cui aspetto viene descritto sempre indirettamente e a tratti e, successivamente, la sua altrettanto deliziosa mammina che lo voleva vendicare. Le due creature vivevano in un antro subacqueo nascosto in una nebbiosa palude, non dissimile dalle rappresentazioni dell’Ade greco-romano.

– Se volete un punto di vista alternativo al riguardo, leggete il romanzo L’Orco di John Gardner (1971), che racconta la storia di Grendel dal punto di vista del mostro –

In realtà della Saga di Beowulf, copiata attorno all’anno 1000 da monaci amanuensi, non vi è traccia nelle fonti nordiche e ciò fa supporre che il poema sia stato composto sulla base di tradizioni orali con elementi non appartenenti alla cultura norrena. Infatti i mostruosi antagonisti del protagonista vengono definiti non come troll, bensì come orcnèas, dal latino orcus e nèas, ovvero “corpi di orco”, ossia “cadaveri, salme”.

E proprio da questi troll mancati Tolkien trarrà ispirazione per i suoi scritti, realizzando il modello di orco che farà scuola a buona parte della letteratura fantasy che verrà dopo di lui.

L’orco nelle fiabe e nei poemi cavallereschi

Con il tramonto dell’era pagana e l’ascesa del Cristianesimo l’Orco perde completamente il suo status di divinità mitologica, acquisendo un savoire faire demoniaco, mantenendo la sua capacità di incutere timore a grandi e piccini. E se nella mitologia, in quanto Ade, si nutriva delle sole anime della gente defunta, ora si mangia direttamente le persone in ossa, ma soprattutto in carne.

L'orco

A questa creatura, di volta in volta, l’immaginario collettivo attribuirà tante diverse caratteristiche; come quella di poter assume diverse sembianze – come ne Il gatto con gli stivali – avere tre capelli magici – come nella fiaba I tre capelli dell’orco – nascondere il proprio cuore o la propria anima in un uovo o una gemma, celata in posti impensabili, come la testa di un uccello, il ventre di un pesce, l’occhio di un’aquila o un sacchetto appeso al collo di una scimmia, oppure avere sette teste, un solo occhio in mezzo alla fronte, o essere completamente cieco.

Molte sono le fiabe in cui è presente un orco, naturalmente ci sono le già citate Il gatto con gli stivali e I tre capelli dell’orco, ma non possiamo neppure dimenticare Pollicino e molte ancora se ne trovano nella raccolta di fiabe di Giovanbattista Basile: Lo cunto de li cunti (1634), come Il racconto dell’orco, La pulce, La cerva fatata – queste ultime due trasposte cinematograficamente nella pellicola di Matteo Garrone – Petrosinella, Verdeprato, Viola, Il serpente, La colomba, Il catenaccio, Corvetto e tante altre.

Molto interessante è inoltre la versione della fiaba de La bella addormentata nel bosco narrata da Charles Perrault all’interno della raccolta I racconti di Mamma Oca (1697). Non tutti sanno che qui la madre del principe che risveglia la bella addormentata è niente poco di meno che una terribile orchessa – per la serie tutti vogliono bene alle suocere – che, una volta che il principe conduce la moglie e i suoi due figli a vivere nel suo palazzo, tenta di mangiarli!

Orchi malvagi e antropofagi si ritrovano anche in poemi cavallereschi come l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1516). In quest’opera si incontrano ben due orchi: uno marino e l’altro terrestre.

Riguardo quello marino, l’autore attinge da un mostro sanguinario descritto nei bestiari medievali che, a loro volta, avevano tratto la bestia demoniaca da un animale descritto da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Il nome le era stato conferito ad honorem dallo studioso latino proprio notando l’affinità che intercorreva tra la “mansueta” bestiola e Orco, la divinità degli inferi sopracitata:

“Questo lo sanno le orche [che le balene si mettano a generare i piccoli in golfi tranquilli e riparati] bestie ad esse [alle balene] ostili e il cui aspetto non può essere espresso da alcuna altra descrizione che un immenso ammasso di carne orrenda con i denti.”

(Plinio il Vecchio Naturalis Historia, IX, 12)

Non per nulla tuttora l’orca è accompagnata dall’epiteto “assassina” che neppure lo squalo bianco è riuscito a guadagnarsi in anni di onorata carriera.

– Se volete approfondire maggiormente la figura dell’orca come Orco e bestia sanguinaria in ogni suo aspetto, vi consiglio caldamente le interessanti dissertazioni che ne fa Stefano D’Arrigo nel suo libro Horcinus Horca

Ma tornando all’Orlando furioso, anche l’orco terrestre attinge le sue origini nell’antichità. Questa volta l’autore si ispira non solo per la descrizione dell’aspetto, ma persino per l’evento narrato, a un personaggio della mitologia, possente, selvaggio, ma soprattutto, antropofago: Polifemo.

Ma il medesimo episodio era stato narrato, con maggior dovizia di particolari, già nell’ Orlando innamorato, di Matteo Maria Boiardo nel 1483. L’autore ci descrive con queste parole il terribile orco:

“Eccoti uscir de la spelonca lo orco,

Che ha la gozaglia grande a mezo il petto;

E denti ha for di bocca, come il porco,

Né vi crediati che abbi il muso netto,

Ma brutto e lordo e di sangue vermiglio;

Longhi una spanna ha e peli in ogni ciglio.”

(Matteo Maria Boiardo, Orlando innamorato, Canto III, 38)

Infine gli orchi vengono citati anche nel poema incompiuto Il romanzo di Perceval o il racconto del Graal, di Chrétien de Troyes; scritto all’epoca delle crociate, ossia tra il 1175 e il 1190 circa.

Orchi nella letteratura contemporanea

Le opere di John Ronald Reuel Tolkien possono essere considerate le capostipiti della letteratura contemporanea fantasy in cui sono presenti o protagonisti gli orchi.

“Tutti coloro dei Quendi [gli Elfi] che caddero nelle mani di Melkor furono imprigionati in Utumno prima che esso fosse distrutto e per mezzo di lente arti crudeli vennero corrotti e resi schiavi; e così Melkor generò l’orrenda razza degli Orchi che sono un atto d’invidia e di scherno verso gli Elfi, dei quali in seguito furono i nemici più irriducibili.”

Così lo scrittore inglese ne Il Silmarillion narra l’origine della stirpe degli Orchi; descritti come esseri antropomorfi, più bassi degli uomini, orribilmente deformi e sudici, forzuti ma impacciati, che odiano e mal sopportano la luce del sole. Sono creature malvagie e miserabili, capaci solo di distruggere e vengono utilizzati come “carne da battaglia” da entrambi i cattivi de Il Signore degli Anelli: Sauron e Saruman.

Hanno orchi come protagonisti i romanzi L’Ultimo Orco e Gli ultimi incantesimi di Silvana De Mari, The Killing Spirit di Sean-Michael Argo, Orchi, la trilogia di Stan Nicholls, nonché il recente fumetto Orchi e Goblin e, naturalmente, L’Orco, la già citata opera di John Gardner.

Orchi nella cultura pop

Inutile che vi dica quanto gli orchi siano personaggi assidui in giochi e videogiochi a tematica fantasy come Dungeons & Dragons, Earthdawn, Shadowrun, Warhammer, Confrontation, Warcraft, Final Fantasy XI, Utopia, Elder Scrolls, Arcanum, Ragnarok Online, Orkworld, Palladium Fantasy, Gothic, Heroes of Might and Magic IV e V e The Battle for Wesnoth.

Inoltre credo che questo sia il momento adatto per parlare di un orco diventato una vera icona pop grazie all’introspezione psicologica con cui è stato caratterizzato, la sua irriverenza, la sua capacità di rompere ogni schema pur rimanendo all’interno del circoscritto mondo delle fiabe, nonostante abbia la capacità di rappresentare ognuno di noi nel suo essere così meravigliosamente eroe suo malgrado; non per nulla Shrek – diretto da Andrew Adamson e Vicky Jenson – è il film d’animazione che, presentato in concorso al festival di Cannes del 2001 ha vinto l’oscar come miglior film d’animazione.

L'orco

Per di più, il New York Times ha inserito il film nella sua lista dei 1000 migliori film di sempre e nel 2020 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Il film Shrek è basato sull’omonimo libro illustrato di William Steig, pubblicato nel 1990. Il singolare nome del protagonista della fiaba venne inventato dall’autore derivandolo dal termine in lingua tedesca “schreck” e dal termine in yiddish “ שרעק” (shreck), che significano “paura”, “terrore”.

I ghoul, gli orchi della cultura araba

“Gul: specie di demone arabo e turchesco, maschio o femmina; si sposta con facilità fra cielo e terra e ama frequentare i cimiteri. […] l’occupazione principale dei gul consiste nel battere le campagne, far abortire le donne incinte, succhiare il sangue dei giovani, divorare i cadaveri, urlare nel vento, aggirarsi fra i ruderi, gettare il malocchio, provocare sventure.”

In questi termini ne parla l’occultista, demonologo Jacques Collin de Plancy nel suo Dictionnaire Infernal – per la serie “un nome un programma” – anche se il nome di queste creature è a noi più noto nella sua trascrizione inglese: ghoul.

Il ghoul è un’entità soprannaturale o uno spirito, le cui origini sono precedenti all’avvento dell’Islam. Alcuni ritengono che l’etimologia del loro nome derivi dalla radice araba “gh–w–l”, “catturare”, “afferrare”, mentre altri indicano come significato dell’ipotizzata radice, “uccidere”.

Riflettendoci un momento, le parole di Jacques Collin de Plancy mi fanno tornare alla mente ciò che disse il profeta Isaia descrivendo la visione della distruzione dei nemici di Sion e, in particolare, di Edom:

“[…] Le spine, le ortiche e i rovi riempiranno palazzi e fortezze. Queste diventeranno il rifugio di gufi e la tana degli sciacalli. I cani del deserto vi si raduneranno con le iene, le capre selvatiche si lanceranno il richiamo. Il demonio Lilith frequenterà questi luoghi e vi troverà il suo luogo di riposo […].”

Effettivamente il demone Lilith, come anche le lamie e le strigi dopo di lei, hanno molti punti di tangenza con questi ghoul, sia per quanto riguarda i loro gusti nello scegliere il luogo di residenza che, soprattutto, alimentari.

Di certo questi esseri demoniaci hanno in comune con gli orchi della tradizione europea l’abitudine di nutrirsi di carne umana – anche se i ghoul la preferiscono trapassata – ma il loro aspetto, a differenza dei loro cugini transmediterranei, non è affatto spiacevole, anzi. Questo però può essere anche dovuto alla loro capacità di mutare forma, proprio come molti orchi europei.

So che c’è una domanda nell’aria quindi non cincischio oltre e giungo subito al punto.

Vi state chiedendo come questi ghoul, il cui regime alimentare è a base di sangue di giovani e cadaveri, si trasformino nei famelici ghoul della serie anime/manga Tokio Ghoul, molto più simili all’idea che abbiamo di zombie

Ebbene l’anello di congiunzione esiste: a partire da La notte dei morti viventi (1968) di George Romero le caratteristiche dello zombie, fino ad allora semplicemente uno schiavo privo di coscienza sottoposto alla volontà del suo creatore, si sono fuse con quelle del ghoul mangiatore di cadaveri, generando gli zombie e i ghoul moderni, mangiatori di carne umana vivente.

Inoltre, sebbene non si direbbe, gli orchi e gli zombie sono più affini di quanto si pensi; infatti, ritornando alla già citata Saga di Beowulf, se ben ricordate l’orco Grendel e sua madre vengono definiti come “Orcnèas”, che abbiamo detto significa “cadaveri, salme”. Ma se sono chiamati cadaveri e l’eroe Beowulf li uccide, è plausibile che questi cadaveri prima fossero animati, e dunque essere dei morti viventi, proprio come gli zombie.

Gli oni, gli orchi della cultura giapponese

Gli oni sono creature del folklore giapponese, naturalmente demoniache, mostruose e brutali. Sono fondamentalmente umanoidi, ma occasionalmente sono ritratti con caratteristiche innaturali, come molti occhi o dita delle mani e dei piedi extra. La loro pelle può essere di colori diversi, ma quelli più comuni sono rosso, blu, nero, rosa e verde. Il loro aspetto feroce viene spesso accentuato dalla pelle di tigre che tendono a indossare e dalla mazza ferrata, accessorio “must have” del loro outfit.

In passato, come l’Orco di latina memoria, si pensava fossero legati agli ambienti infernali; infatti erano ritenuti i guardiani dell’inferno o torturatori delle anime dannate e considerati portatori e agenti di calamità. I racconti popolari e teatrali li tratteggiavano come bruti stupidi e sadici, felici di distruggere.

Oggigiorno sono variamente descritti come spiriti dei morti, della terra, degli antenati, della vendetta, della pestilenza o della carestia. Non importa quale sia la loro essenza, gli oni odierni sono qualcosa da evitare e da tenere a bada.

Fin dal X secolo gli oni sono stati fortemente associati con il nord-est. I templi sono spesso orientati verso questa direzione per prevenirne gli influssi nefasti e molti edifici giapponesi hanno indentazioni a forma di “L” in questa direzione per tenere lontane queste creature. I templi Enryakuji, sul Monte Hiei a nord-est del centro di Kyoto e Kaneiji, che erano collocati a nord-est delle dimore imperiali, ne sono un esempio. La capitale giapponese stessa fu spostata verso nord-est da Nagaoka a Kyoto nell’VIII secolo!

Molto interessante è una credenza taoista secondo la quale si ritiene che alcuni oni possano fare delazioni alle divinità sui peccati dell’uomo; perciò la nota rappresentazione delle tre scimmie che “non vedono, non sentono e non parlano” – con un gioco di parole in giapponese: “mizaru, kikazaru, iwazaru” che precisamente significa “scimmia che non vede il male, scimmia che non sente il male, scimmia che non parla del male” – ha valore talismanico perché impedirebbe a questi spiriti di fare la spia agli dei.

Gli orchi nella realtà

L'orco

Purtroppo, gli orchi non appartengono solo al mondo delle fiabe ma, a volte, oltrepassano il confine della fantasia giungendo nella realtà e, sfortunatamente, hanno davvero la capacità di confondersi tra la gente comune. Il loro aspetto è insospettabile e passa inosservato, non hanno una mole enorme, denti aguzzi o la pelle di uno strano colore che ci aiuti a riconoscerli. Molto spesso prendono le sembianze di genitori, nonni, zii, amici di famiglia, vicini di casa, personale medico, scolastico o ecclesiastico, oppure di perfetti sconosciuti dall’atteggiamento amichevole.

Così come sosteneva Tolkien nelle sue opere, gli orchi nella realtà possono davvero essere considerati la deformazione, la degradazione e l’abbandonarsi di una nobile e fiera stirpe di esseri meravigliosi agli istinti più abbietti.

A tal proposito desidero condividere con voi due citazioni; una è un avvertimento, mentre l’altra è un consiglio:

“Esistono i giganti, i draghi, Artù e Merlino

E se segui quelle briciole puoi incontrare Pollicino

Ma anche l’orco sai esiste, te lo giuro su me stesso

Ti dirà “C’era una volta”, stai attento, c’è anche adesso.”

(Giorgio Panariello)

“Ecco,

arriva l’orco cattivo giulivo e suadente,

un fiero menzognero che sa dire solo ciò che vuol sentire la gente,

io non lo tocco il suo saio,

sono un sorcio sordo al pifferaio.”

(Caparezza, Stango e Sbronzo)

Conclusioni

Anche questa volta siamo giunti sani e salvi al termine del nostro viaggio, nonostante abbiamo visitato un mondo pericoloso come quello degli orchi.

Ma questo lieto fine forse era scontato fin dall’inizio visto che, come ci insegnano le fiabe, l’orco viene sempre sconfitto.

Tranne Shrek, lui è un orco perbene e merita tutta la nostra simpatia.

About Author

Sabrina Amato

Sabrina ama l’arte, così tanto da prendersi due lauree per avere ancor più motivi per amarla. Prova un fascino irresistibile per tutto ciò che non conosce, che sia profondo o lontano, e quindi adora l’acqua, nuotare, il mare e gli oceani, ma adora anche le danze orientali e le arti marziali. Nerd con la passione per il vintage, nel tempo libero partecipa come miss agli eventi del Miss Pin Up WW2 e ad ogni Romics come cosplayer. Sa resistere a tutto tranne alle tentazioni, ai gatti, ai cartoni animati e ai libri.

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