La Kitsune: dal folclore giapponese storia e leggenda dello “spirito della volpe”
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Kitsune: mito e storia delle volpi giapponesi.
Cos’è la Kitsune, una volpe giapponese?
È una volpe e molto, molto di più…
Da sempre esseri umani e Kitsune vivono assieme nelle terre del Giappone. Ma vi sono due tipi di Kitsune: le Zenko – “volpi buone” – volpi celestiali e benevole, messaggere di Inari – il kami shintoista della fertilità, dell’agricoltura e del riso – e le Yako – “volpi di campo”, chiamate anche Nogitsune – che invece, possiedono un carattere malizioso e intenzioni malvagie.
Nello stretto rapporto che lega Inari alle Kitsune Zenko, la linea di demarcazione tra i due si è ormai talmente assottigliata che talvolta lo stesso dio è ritratto come una volpe. Allo stesso modo, interi santuari sono dedicati alle Kitsune, dove i devoti sono soliti offrire fette di tōfu fritto chiamate aburaage, di cui gli spiriti-volpe, si dice, vadano ghiotti.
Le Kitsune di Inari possiedono il potere di allontanare il male, e talvolta agiscono da spiriti guardiani: oltre a proteggere i santuari di Inari, vegliano sulle persone del posto, fungendo da deterrente contro le malvagie Nogitsune, gli spiriti-volpe che non sono al servizio di Inari.
La parola Kitsune ha un’origine onomatopeica: il termine “kitsu” in passato veniva usato per indicare il verso della volpe, diventando successivamente la parola che identifica l’animale stesso. La parola “ne” è traducibile in “stato d’animo affettuoso”; sicuramente questa etimologia era connessa alla credenza delle Kitsune di Inari. Oggi il termine “kitsu” è caduto in disuso; nel giapponese moderno è stato infatti sostituito da “kon kon” o “gon gon”.
Uno dei più antichi racconti sulle Kitsune – scritto dal monaco Kyoukai nel tardo VIII secolo o all’inizio del IX secolo – fornisce una folclorica origine del termine:
“Ono, un abitante di Mino, impiegò molto tempo per trovare il suo ideale di bellezza femminile.
Una sera trovò la donna perfetta in una vasta palude, decidendo quindi di sposarla.
Contemporaneamente alla nascita del primo figlio anche il cane di Ono ebbe un cucciolo, che crescendo divenne sempre più ostile verso la donna delle brughiere. Ella pregò il marito di ucciderlo, ma lui si rifiutò. Un giorno il cane l’attaccò terrorizzandola tanto che lei tornò alla sua originale forma volpina e scappò via.
«Sarai anche una volpe» le disse poi Ono «ma sei la madre dei miei figli e io ti amo. Torna quando ti pare; sarai sempre benvenuta».
Così ogni sera ella tornava e dormiva tra le sue braccia.”
Poiché ella tornava ogni notte dal marito sotto forma di donna, ma tutte le mattine se ne andava come volpe, fu chiamata Kitsune. In giapponese classico “kitsu-ne” significa “torna e dorme”, mentre la variante “ki-tsune” significa “torna sempre”.
Le Kitsune sono conosciute per possedere una grande intelligenza, poteri magici e per essere in grado di vivere a lungo. Esse sono un tipo di yōkai – un’entità spirituale – e la parola Kitsune è spesso tradotta in “spirito di volpe”. Tuttavia ciò non significa che le Kitsune siano dei fantasmi, né che siano fondamentalmente diverse dalle normali volpi: in questo contesto la parola “spirito” è usata per indicare uno stato di conoscenza o illuminazione, quindi tutte le volpi longeve sono in grado di acquisire abilità soprannaturali.
La principale caratteristica fisica che contraddistingue le Kitsune è la grande quantità di code che esse possiedono. Maggiore è l’età di una volpe, maggiore sarà il numero delle code di cui essa potrà disporre, fino a un massimo di nove. Di conseguenza, un gran numero di code sta a indicare una volpe più anziana e potente; alcuni racconti popolari narrano che solo le volpi ultracentenarie possano ambire al numero massimo di code. Quando una Kitsune ottiene la sua nona coda, il suo manto diviene di colore bianco o oro. Queste “kyūb no Kitsune” – volpi a nove code – acquisiscono anche l’abilità di vedere e sentire qualsiasi cosa accada in ogni parte del mondo e sono infinitamente sagge.
Tra le caratteristiche delle Kitsune vi è la capacità di cambiare aspetto e di assumere sembianze umane; un’abilità che la volpe può apprendere una volta raggiunta una determinata età, solitamente 50 o 100 anni. Per poter compiere tale trasformazione la volpe deve posare sulla propria nuca delle canne di bambù, una foglia di grandi dimensioni o un teschio. Le Kitsune possono trasformarsi in qualsiasi persona, senza limiti di età o di genere, anche se le sembianze comunemente assunte sono quelle di uomini anziani, belle donne o giovani ragazze; questi ultimi due esempi sono le trasformazioni più conosciute delle Kitsune. Nel Giappone medioevale si credeva infatti che ogni donna vista aggirarsi senza meta, specialmente al crepuscolo o di notte, fosse una volpe.
Il termine Kitsune-gao – faccia da volpe – viene usato per descrivere i lineamenti del viso delle donne, caratterizzato da una forma affilata e occhi ravvicinati, sopracciglia sottili e zigomi alti. Tradizionalmente questa forma del viso è considerata attraente, e in alcuni racconti le volpi assumono tale fisionomia. In alcune varianti dei suddetti racconti le Kitsune mantengono dei tratti volpini, come ad esempio una leggera peluria sul corpo, un’ombra o un riflesso che rimandi alla loro vera natura. Un buon metodo per riconoscerle è cercarne la coda, in quanto esse hanno difficoltà a nasconderla quando assumono forma umana. Inoltre, mentre hanno sembianze umane, le Kitsune mostrano astio e ostilità verso i cani, tanto da esserne terrorizzate ed essere costrette in alcuni casi a ritornare in forma volpina e fuggire, come avviene nel racconto menzionato.
La Kitsune è nota per la sua indole tentatrice e seduttrice, infatti, in racconti il cui protagonista è un uomo, è rappresentata nel ruolo della donna amata (a tal proposito vi consiglio di guardare su youtube l’animated short film “A fox tale”). In genere, quando questi sposa la volpe, non è a conoscenza della sua vera natura, ed ella si mostra essere una moglie devota. Se il marito eventualmente scoprisse la vera identità della Kitsune, allora questa sarebbe costretta a lasciarlo e fuggire. In questo caso il marito si sveglierebbe come da un sogno, sporco, disorientato e lontano da casa.
Altre leggende narrano di volpi che, una volta andate in sposa a un umano, partoriscono dei figli. Questi hanno la possibilità di ereditare speciali qualità fisiche o soprannaturali che spesso trasmettono a loro volta ai propri figli. Una di queste leggende racconta la storia di Abe no Yasuna, il quale, passando un giorno, presso un tempio dedicato a Inari, vide una volpe inseguita dai cacciatori e, impietositosi decise di salvarla fornendo agli uomini false indicazioni. Alcuni mesi dopo sposò una bella donna di nome Kuzunoha la quale gli diede anche un figlio. Tre anni dopo, Kuzunoha scappò via lasciando un biglietto nel quale confessava al marito di essere la volpe salvata così generosamente anni addietro. La leggenda vuole che il figlio dei due sia il famoso astronomo e occultista Abe no Seimei (921-1005 d.C.), dotato di potenti poteri magici ereditati dalla madre Kitsune.
I racconti riportano anche matrimoni tra le stesse Kitsune. Quando piove ma nel frattempo il cielo è limpido – pioggia a ciel sereno – si dice avvenga un “Kitsune no yomeiri” che significa letteralmente “il matrimonio (yomeiri) della volpe (Kitsune)” in riferimento a una leggenda che descrive una cerimonia matrimoniale tra due Kitsune avvenuta in tali condizioni climatiche. L’evento è considerato di buon auspicio, ma nessuno è autorizzato ad assistervi, in caso contrario si scatenerebbe la vendetta della Kitsune. La cosa interessante è che questo modo di dire non solo è presente anche in alcune zone d’Italia e in altri paesi, ma in generale nel mondo la pioggia con il sole è collegata alla credenza che stia avendo luogo un matrimonio tra animali: in Algeria e in Francia, ad esempio, sono i lupi a sposarsi, in Kenya si sposano le iene, in Bulgaria invece la volpe si sposa con un orso.
Altre abilità in possesso delle Kitsune sono la capacità di sputare fuoco o fulmini dalla bocca o dalle code, il potere di entrare nei sogni, l’invisibilità, la capacità di volare e di creare illusioni complesse ed elaborate. Le Kitsune vengono descritte anche come dotate di poteri ancora maggiori, come modificare il tempo e lo spazio, rendere le persone folli, oppure assumere altre forme oltre a quelle umane, come un albero d’incredibile altezza o una seconda luna nel cielo. Altre Kitsune hanno caratteristiche simili ai vampiri, alle succubi e alle Leanhaun Shee, nutrendosi dell’energia vitale degli esseri umani, generalmente attraverso un contatto sessuale.
Un’altra capacità che si attribuisce alla Kitsune è la possessione spirituale, detta Kitsunetsuki che letteralmente significa “posseduto dalla volpe”. Si crede che una volpe sia in grado di entrare nel corpo delle sue vittime, generalmente giovani donne, attraverso un’unghia o il petto, nutrendosi così della loro forza vitale e vivendo all’interno del corpo senza alcuna relazione con “l’anfitrione”. In alcuni casi sembra che i tratti del viso del posseduto cambino leggermente, in modo da ricordare le fattezze di una volpe. Infine, secondo la tradizione giapponese, gli analfabeti, una volta posseduti, acquisivano temporaneamente la capacità di leggere e scrivere.
Il folclorista Lafcadio Hearn (1850-1904) descrive questa condizione nel suo libro “Glimpses of Unfamiliar Japan“:
«Strana è la follia di coloro che sono posseduti da un demone volpe. Talvolta corrono nudi gridando per le strade. Talvolta dormono o con la bava alla bocca, ululano come volpi. E su alcune parti del corpo del posseduto compare sotto pelle una protuberanza che si muove, che sembra avere vita propria. Pungila con un ago, e immediatamente si sposta in un altro posto. Nessuna mano possiede una presa così salda da impedire che scivoli via dalle dita. La gente posseduta si dice che parli e scriva in lingue fino ad allora sconosciute. Mangiano solo ciò che sembra piacere alle volpi – tofu, aburaage e azukimeshi – e ne mangiano una gran quantità, come se non essi, ma la volpe che li possiede, fosse affamata.»
Hearn fa poi notare che, una volta liberata dallo stato di Kitsunetsuki, la vittima si rifiuterà di mangiare tofu, azukimeshi e altri cibi che piacciono alle volpi:
“L’esorcismo, spesso effettuato in un santuario di Inari, può indurre la volpe a lasciare il corpo nella quale è ospitata. In passato, quando questa soluzione falliva o non era disponibile un sacerdote, il posseduto veniva malmenato o bruciato vivo nella speranza di costringere la Kitsune ad andarsene. Intere famiglie sono state ostracizzate dalla loro comunità a causa di un familiare che si pensava fosse stato vittima di Kitsunetsuki.”
In Giappone, il Kitsunetsuki incominciò a essere trattato alla stregua di una malattia dal periodo Heian (794-1185 d.C.), venendo indicato come diagnosi comune di infermità mentale fino al XX secolo. Lo stato di possessione veniva utilizzato come spiegazione per il comportamento anormale mostrato dagli afflitti da disturbi mentali. Nel tardo XIX secolo, il dottor Shunichi Shimamura dichiarò che le malattie fisiche responsabili dell’insorgenza di febbre erano spesso ricondotte allo stato di Kitsunetsuki. È indubbio che la maggior parte di tali storie di possessione a opera di volpi siano influenzate dalle credenze popolari, ma ciò nonostante esse continuano a verificarsi anche in tempi più recenti, come ad esempio le insinuazioni fatte ai danni dei membri del nuovo movimento religioso Aum Shinrikyō, accusati di essere posseduti. In medicina, il Kitsunetsuki è considerato una sindrome culturale unica della cultura giapponese. Coloro che soffrono di questa malattia – i più colpiti sono uomini con poca cultura, religiosi e donne – credono di essere posseduti da una volpe. I sintomi includono ossessione per riso e fagioli rossi dolci, apatia, irrequietezza e avversione al contatto visivo.
Nelle rappresentazioni artistiche le Kitsune vengono spesso raffigurate a fianco di punti luminosi di forma sferica conosciuti come hoshi no tama: “sfere stellate”. Questi punti, in alcuni racconti, vengono descritti come globi incandescenti, e in questo caso prendono il nome di Kitsunebi, ossia “fuoco di volpe”. Vengono rappresentate anche sotto forma di perle o gioielli dotati di poteri magici: questi oggetti sono uno dei simboli peculiari associati alla figura del dio Inari, e le rappresentazioni delle sacre volpi di Inari senza le proprie hoshi no tama sono assai rare. Le Kitsune, quando assumono la loro forma naturale, trasportano la propria sfera tenendola tra le fauci o trasportandola sulla coda.
Una convinzione popolare narra che, quando una Kitsune cambia forma, parte del suo potere magico si trasferisce all’interno della hoshi no tama. Un’altra tradizione vuole che la perla rappresenti l’anima della Kitsune, perciò, se la volpe dovesse rimanere troppo tempo separata da questa, finirebbe per morire. È possibile anche sottrarre la sfera alla Kitsune, in modo da chiedere delle ricompense in cambio della restituzione.
Il “fuoco di volpe” nel folclore giapponese è uno yōkai: secondo la leggenda, durante la notte, i Kitsunebi possono apparire sotto forma di lanterne baluginanti, di solito in luoghi di montagna lontano da strade trafficate, e con i loro bagliori sono accusati di attirare gli incauti viaggiatori, facendogli smarrire la strada. In italiano viene anche tradotto come fuoco fatuo.
Infine è noto che dalle Kitsune non bisogna accettare ricompense che includano denaro o beni materiali, in quanto questi diverranno carta, foglie, rami, pietre o altri oggetti senza valore, mascherati precedentemente da oggetti preziosi grazie alla magia. Le ricompense delle Kitsune sono solitamente beni immateriali come protezione, conoscenza e lunga vita.
L’origine dei miti sulla Kitsune sono tuttora oggetto di dibattito, ma vi è comunque la certezza che numerosi racconti sulle volpi possano essere ricondotti a paesi quali Cina, Corea, India e Grecia; molte di queste prime storie sono contenute nel “Konjaku Monogatarishū“: una raccolta di narrazioni cinesi, indiane e giapponesi dell’XI secolo d.C.. I racconti popolari cinesi parlano di spiriti-volpe chiamati huli jing – kyūbi no Kitsune in giapponese – che posseggono nove code quale peculiare caratteristica. In Corea vi è la figura del kumiho – letteralmente “volpe a nove code – una creatura mitologica in grado di vivere cento o mille anni; essa è vista come un essere maligno, a differenza della sua controparte giapponese.
Secondo alcuni studiosi le caratteristiche comuni presenti in ognuna di queste figure sarebbero da ricondurre a opere indiane quali la “Hitopadesa” (XII secolo d.C.) e la “Pañcatantra” (III secolo d.C.), le quali a loro volta avrebbero tratto ispirazione dalle “Favole di Esopo” (Grecia, VI secolo a.C.), che si diffusero successivamente in Cina, Corea e infine in Giappone.
È persino possibile trovare la Kitsune anche in giochi da tavolo, videogiochi, manga e anime. In Magic: l’Adunanza – gioco di carte collezionabili – una delle specie delle creature del gioco è costituita da Kitsune. Tra i Pokémon abbiamo Ninetales – che guarda caso è l’evoluzione del pokémon di fuoco Vulpix e in un episodio della serie si trasforma anche in una donna – che trae ispirazione dalla figura della volpe a nove code. Per terminare con Kurama, la Kitsune a nove code sigillata nel corpo di Naruto. Infatti, è proprio perché posseduto da una Kitsune che questo personaggio ha i baffi sul viso simili a quelli di una volpe.
Radicate nel folclore, le Kitsune compaiono anche in molte opere del teatro giapponese. Sono presenti in qualità di personaggi nel teatro nō, kyōgen, bunraku e kabuki. La più famosa rappresentazione è Ashiya Dōman Ōuchi Kagami che narra la storia della già citata Kuzunoha.