RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO: Il Cappello di Paglia
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Il cappello di paglia, un po’ malandato, sbucava oltre il verde del cassonetto. Si muoveva calmo. Con molta pazienza, quasi con precisione. Quando alzò il viso, di un nero intenso, mi fissò per un istante, né un sorriso, né una smorfia. Impassibile. Poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, iniziò a frugare tra le immondizie. Quegli occhi bianchi furono quasi un flash per me. Per tutto il giorno ne restai abbagliato. Al rientro dal lavoro, ormai verso le sei del pomeriggio, dopo aver parcheggiato, camminavo stanco e distratto verso casa. Ma la coda dell’occhio percepì un movimento in quella zona del marciapiede dove difficilmente qualcuno rimane per troppo tempo immobile. Allora ho rivolto lo sguardo in quella direzione. Il cappello di paglia era di nuovo lì. Diverso, ma uguale. Una bicicletta sgangherata appoggiata sulla differenziata del vetro; metà del corpo immersa nel cassonetto della indifferenziata alla ricerca. Rovista, si rialza, mi dà un nuovo colpo di flash, appoggia a terra scatolame, residui vari di cibo, un paio di ciabatte blu. Dignitoso. Si, di una dignità che raramente si incontra, passa, allora, all’altro cassonetto. Stesso movimento. Oltre a quanto era riuscito a trovare prima, ora mette una scarpa da ginnastica, un maglione, credo, a qualche altra cosa che non riesco a distinguere. Calmo va verso la bicicletta. Prende due zaini e vi sistema la “spesa”. Uno zaino sulla schiena e uno sul petto; poi prende tre buste di plastica piene di qualcosa e le dispone due sul manubrio di destra e una sul manubrio di sinistra. Sul parafango della ruota posteriore è legata una sedia. Pedalando se ne va al prossimo cassonetto. Questa è, purtroppo, una scena ormai quotidiana. Ogni mattina, un po’ prima delle sette, quando vado a recuperare la macchina in una traversa di Viale Gramsci; ogni sera, poco dopo le diciotto, quando rientro a casa dal lavoro. Centro cittadino di Monterotondo. Questa, però, è una scena ormai inaccettabile. Per la dignità umana. Per il senso civico e sociale. Per il rispetto della vita. Per il senso che dovrebbe avere l’esistenza umana. Sarebbe facile chiamare in causa una qualche carenza delle “politiche sociali” o degli “istituti assistenziali” di qualsiasi livello e di qualsiasi specie. Nazionale, regionale, provinciale, comunale, pubblico, privato, religioso o laico o, ancora, circoli, associazioni e comitati, nessuno sembra. accorgersi – spero di sbagliarmi – dell’esistenza di “cappelli di paglia” che sopravvivono rovistando quotidianamente nelle immondizie. Di certo non possiamo più dire: “non è una mia competenza”. La competenza è di tutti. Se nell’ex complesso della protezione civile si sta raggruppando, forzatamente o liberamente, una “Comunità Umana” di rifugiati o clandestini, occorre anche avere la volontà di gestirla, non far finta di nulla ed attendere che qualche pericolosa frattura sociale esploda, magari, con fenomeni violenti. E’ già accaduto nelle periferie delle grandi città, e non possiamo considerare la nostra cittadina immune da questi fenomeni sociali. La traversa del Grillo non è troppo distante da Rosarno. Ma non vogliamo assolutamente che ciò accada. Non vogliamo assolutamente che ci sia una faglia o una più che minima distanza con questa comunità. Non vogliamo il sorgere di sentimenti razziali di nessuna specie. Verso questa minoranza non si può più far finta di non vedere, ma va pensata e considerata come interna alla nostra cittadinanza. Nazionale, regionale, provinciale, comunale, pubblico, privato, religioso o laico o, ancora, circoli, associazioni e comitati, mettiamoci tutti, o togliamo a tutti, il “cappello di paglia”.
Edoardo Grassia