Missing: la recensione del film digitale visto tutto attraverso lo schermo di un pc
Missing, tratto da una storia di Sev Ohanian e Aneesh Chaganty, già autori di Searching, e diretto da Nick
Nel 2018 un piccolo film dal basso budget ottenne un enorme successo commerciale. Parliamo di un ricavo di 75 milioni di dollari a fronte di un budget di 880.000 dollari. Il film in questione è Searching diretto da Aneesh Chaganty con protagonisti John Cho e Debra Messing.
Il film, presentato in anteprima al Sundance Film Festival, ha ottenuto un grande successo commerciale grazie alla sua particolarità: il punto di vista adottato è quello degli smartphone e dei computer usati dai personaggi nel film. La storia, canonica nella struttura narrativa, è quella di un padre alla ricerca della figlia scomparsa, ma la narrazione è interamente veicolata attraverso l’uso di questi strumenti digitali. In pratica noi spettatori vediamo solo uno schermo e una serie di finestre e app aperte, e l’utilizzo che se ne fa. Quindi assistiamo a videochiamate, guardiamo video, vediamo il cursore che si muove, clicca, sposta, avvia servizi di messaggistica, vocali e testuali…
E veniamo ad oggi: in sala potete trovare Missing, tratto da una storia di Sev Ohanian e Aneesh Chaganty, già autori di Searching, e diretto da Nick Johnson e Will Merrick. Missing racconta la scomparsa misteriosa di una donna (Nia Long), svanita nel nulla insieme al suo nuovo fidanzato durante una vacanza in Colombia. Sua figlia, June (Storm Reid, già vista in The Last of Us), inizia a cercarla.
Missing è un seguito solo spirituale di Searching, racconta una storia del tutto nuova con nuovi personaggi, mantiene alta la tensione dalla prima all’ultima scena, presenta colpi di scena ben calibrati e un messaggio non banale sui segreti che tutte le famiglia custodiscono nel proprio cuore nascosto e risulta essere un film attuale e ben capace di parlare della nostra società (e non spoilero altro).
Anche in questo caso, la narrazione avviene interamente attraverso lo schermo di un computer, di uno smartphone, di telecamere di sorveglianza e persino attraverso la telecamera di una macchina. La connessione che il film stringe tra lo spettatore e il personaggio principale viene veicolata attraverso gli strumenti digitali che utilizziamo tutti i giorni, ed è facile tifare per la protagonista, tremare per la sua sorte, essere sorpresi per le continue rivelazioni.
Nella seconda parte del film si nota una certa forzatura nel continuare ad adottare questo punto di vista, e se non fosse per la bassa qualità delle immagini i tagli delle inquadrature, filtrate attraverso le telecamere di sorveglianza, sarebbero quelle di un film tradizionale. Ma era un difetto che si avvertiva anche sul finale di Searching e non intacca quello che è un film originale (per il modo in cui è girato) e nello stesso tempo classico (un onesto e attuale thriller famigliare).