Recensione di “Dune Parte 2”, uno straordinario viaggio che parla del nostro presente
Segui Email Uscito dal cinema, ancora un po’ stordito da quello cui avevo appena assistito, ho cercato di analizzare
Uscito dal cinema, ancora un po’ stordito da quello cui avevo appena assistito, ho cercato di analizzare gli aspetti sul perchè questo Dune Parte 2 mi avesse così colpito, molto più della prima parte che comunque ho apprezzato molto.
Ho messo in fila tutti i pregi di un’opera attesissima e molto ambiziosa: e, al di là degli aspetti tecnici notevolissimi, al di là delle interpretazioni, della filosofia e della visionarietà dell’opera, quello che veramente mi ha colpito è il suo essere un film attualissimo, che parla dei nostri tempi, degli aspetti più cupi del mondo moderno, e lo fa in maniera spettacolare e lucidissima.
Si ok, sono tutte cose che si trovano del libro di Herbert, ma io ho letto solo il primo, tanto tempo fa, e qui parliamo del film, considerando che molti, forse la maggior parte, andrà a vedere il film pensando di trovarsi davanti un puro blockbuster action sci-fi, e poco altro. Non sarà così.
Ma andiamo con ordine.
Dune: un mondo di sabbia e sole
Quando le luci si abbassano e i primi fotogrammi di Dune 2 illuminano lo schermo, il pubblico si trova immediatamente catapultato in un universo immaginifico ma molto terreno, fatto di sabbia, sole, sangue.
Adattare l’opera monumentale di Frank Herbert non è solo una sfida vinta; è la creazione di un mondo che molti ritenevano impossibile da portare sul grande schermo che davanti ai nostri occhi prende vita in tutta la sua roboante, sfacciata e frastornante epica.
Pubblicato nel 1965, il romanzo di Frank Herbert – vincitore, ricordiamo, di due del massimi riconoscimenti dedicati alla narrativa fantascientifica, cioè il premio Nebula e il premio Hugo – è stato a lungo considerato infilmabile a causa della sua complessità tematica, della densità del suo universo e della profondità dei suoi personaggi.
Sappiamo e vogliamo tutti bene al Dune di Lynch, così come avremmo voluto tanto vedere realizzato il progetto di Jodorowsky. Ma è Denis Villeneuve, forte di una filmografia che ha già toccato vertici altissimi nel campo della fantascienza prima con Arrival poi con Blade Runner 2046, a riuscire nel 2021 a portare su grande schermo la prima parte di un film ambizioso e imponente, ad accontentare i fans dell’opera letteraria e gli amanti della fantascienza tutta.
Tuttavia, con “Dune parte 2“, il regista e la sua squadra oltre ad aver catturato l’essenza del materiale originale, hanno anche elevato la storia a nuove vette cinematiche, dimostrando che con visione e innovazione, anche l’inimmaginabile può prendere vita sullo schermo.
“Dune 2” si erge sulle solide fondamenta del suo predecessore, estendendo la narrazione epica iniziata nel primo capitolo. Se “Dune” ha introdotto gli spettatori alle vaste distese di Arrakis e alle complesse dinamiche di potere che definiscono il suo mondo, il secondo capitolo approfondisce queste relazioni, spingendo i personaggi verso destini ancora più grandiosi, cupi e terribili. L’evoluzione dalla scoperta iniziale alla guerra totale è resa con maestria, l’evoluzione dei personaggi e delle dinamiche di potere rendono la pellicola un’esperienza coinvolgente che amplifica il viaggio iniziato dal suo predecessore.
Un trionfo visivo
Spesso il film lascia senza fiato per la maestosità degli ambienti, per l’uso sapiente della computer grafica, per i costumi e le scenografie che immergono totalmente lo spettatore nell’universo Dune.
Le scene d’azione di “Dune 2” sono una vera e propria sinfonia visiva che lascia senza fiato. Ogni combattimento è coreografato con precisione chirurgica, fondendo l’eleganza del movimento con la brutalità dello scontro. L’uso della CGI subisce un ulteriore passo avanti rispetto al primo capitolo, espande l’universo di “Dune”, rendendo le gigantesche creature di Arrakis e le sue imponenti architetture più vivide e impressionanti che mai. La bellezza delle scene d’azione, unita alla maestosità degli effetti speciali, e una colonna sonora che si può definire il capolavoro di Hans Zimmer, eleva “Dune 2” a unicum visivo, stabilendo un nuovo standard per il cinema di fantascienza.
Dinamiche di potere e religione come strumento di manipolazione
Tra conflitti interstellari, eredità familiari e alleanze precarie, questa seconda parte di Dune offre uno spaccato di potere e manipolazione che trova sorprendenti paralleli nel nostro mondo contemporaneo. Il film esplora la complessità delle dinamiche di potere, sottolineando come queste siano spesso intrecciate con la fede e la religione, strumentalizzate per guidare o, in alcuni casi, manipolare le masse.
La rappresentazione della religione in “Dune 2” è particolarmente affascinante, mostrando come le credenze possano essere sia fonte di forza sia strumento di controllo. Il film invita a riflettere sulla doppia natura della fede: un elemento di coesione sociale e, contemporaneamente, un potente mezzo di influenza politica. Suona familiare, eh?
Timothée Chalamet, Zendaya e gli altri
Ulteriore passo in avanti è fatto nella caratterizzazione dei personaggi.
Timothée Chalamet, che riprende il ruolo di Paul Atreides, mostra una maturità e una complessità maggiore, riflettendo l’arduo viaggio del suo personaggio verso il destino di leader messianico. La sua capacità di esprimere vulnerabilità e forza contemporaneamente rende il suo Paul un eroe riluttante ma determinato
Zendaya, nel ruolo di Chani, ha molto più spazio a sua disposizione in questa seconda parte, che le permette di esplorare la profondità del suo personaggio. La sua chimica con Chalamet è più intensa, riflettendo la complessità della loro relazione che si evolve in mezzo alle turbolenze politiche e personali di Arrakis.
Rebecca Ferguson, che interpreta Lady Jessica, è perfetta nel rappresentare la lotta interna di una madre e di una donna del Bene Gesserit, divisa tra il dovere e l’amore per suo figlio.
Stellan Skarsgård e Dave Bautista, nei ruoli rispettivamente di Baron Harkonnen e Glossu Rabban, continuano a essere formidabili antagonisti. La loro evoluzione riflette l’inasprirsi del conflitto e la disperazione nelle loro lotte per il potere.
Tra le new entry più convincenti c’è Austin Butler nel ruolo di Feyd-Rautha, un instabile psicopatico, carismatico e minaccioso, un mix letale di pericolosità calcolatrice e ambizione sfrenata.
Poi c’è Anya Taylor-Joy che ha un minutaggio veramente esiguo, ma quando appare lascia il segno.
Per concludere
Dune parte 2 è molto più di un sequel, con il primo rappresenta un’esperienza cinematografica che va goduta sul grande schermo (e più grande è, meglio è). Con la sua narrazione avvincente, temi profondi, e un’estetica visiva che toglie il fiato, il film non solo rende giustizia all’opera di Herbert ma diviene opera con cui un certo cinema di fantascienza deve fare i conti, da qui in poi.
Esce oggi, correte al cinema.