Recensione di “Monkey Man”, esordio registico a tutta azione per Dev Patel
Recensione di "Monkey Man", esordio registico a tutta azione di Dev Patel che si ispira alla leggenda indiana di
C’è più di un parallelismo tra Monkey Man, esordio alla regia di Dev Patel, noto principalmente per i suoi ruoli in film di successo come The Millionaire, il dittico Marigold Hotel e Lion – La strada verso casa, e Man of Tai Chi, esordio troppo presto dimenticato di Keanu Reeves.
Entrambi sono attori, appassionati e cultori di arte marziale, che decidono di esordire con action furiosi in cui a farla da padrone sono le coreografie marziali e l’ultraviolenza.
Per il resto, Keanu Reeves decide di ritagliarsi il ruolo di “cattivo”, lasciando la parte dell’eroe a Tiger Hu Chen – allievo di Yuen Wo Ping e maestro di Keanu Reeves, vero esperto di arti marziali ma, ahimè, carente in carisma – mentre Dev Patel è il protagonista assoluto, l’eroe di una pellicola sicuramente ambiziosa, che cerca di navigare tra la spettacolarità delle scene d’azione e la complessità narrativa di un paese dalle mille sfaccettature come l’India.
E’ vero che il genere action sta vivendo una specie di rinascita a Hollywood, complici una serie di registi/coreografi capaci di rivitalizzare un genere un po’ appannato con scariche di adrenalina, coreografie perfette e un sacco di violenza (penso ovviamente alla 87Eleven Production di Chad Stahelski e a film come la saga di John Wick, Atomica Bionda, Io sono Nessuno, Una notte violenta e silenziosa…), ma non è così scontato che attori così diversi sul piano interpretativo si buttassero nella regia scegliendo action furiosi e brutali.
La Trama e il Contesto dell’India
Ispirato alla leggenda di Hanuman, simbolo di forza e coraggio, Monkey Man vede Patel nei panni di Kid, un giovane anonimo che si guadagna da vivere in un fight club clandestino dove, notte dopo notte, indossando una maschera da gorilla, viene picchiato a sangue da lottatori più famosi in cambio di denaro. Dopo anni di rabbia repressa, Kid scopre un modo per infiltrarsi nell’enclave della sinistra élite della città, colpevoli della morte della madre. Mentre il suo trauma infantile ribolle, le sue mani misteriosamente sfregiate scatenano una esplosiva ondata di vendetta per regolare i conti con gli uomini che gli hanno tolto tutto.
La narrazione si sviluppa in un contesto urbano indiano che vorrebbe essere sfaccettato ma che risulta solo “esotico”; quello che sarebbe potuto essere un terreno fertile per esplorare le dinamiche sociali, economiche e culturali del paese si riduce a contesti che sono puro sfondo, dal degrado delle baraccopoli, al lusso degli hotel e che non offrono molto altro. Il film, tra una sequenza d’azione e l’altra, cerca di contestualizzare la storia, di fornire allo spettatore una panoramica delle contraddizioni e delle sfide che caratterizzano l’India contemporanea. Tuttavia questa ambizione narrativa si scontra con una trama che appare sovraccarica e confusa, soprattutto nel tentativo di intrecciare le sfide socio-economiche con il filone action.
Le Scene d’Azione
Le sequenze d’azione rappresentano indubbiamente il cuore pulsante del film. Patel ha un buon occhio e dà al film un grande ritmo, riesce a coreografare scene complesse e visivamente accattivanti. Dove non arriva la prestanza marziale (sua e dei comprimari) ci pensa il montaggio frammentato, una camera a mano fin troppo traballante, ripetuti fuori fuoco. L’esuberanza visiva e la ricerca di uno stile unico sfociano spesso in virtuosismi che, pur essendo riusciti a livello estetico, sembrano eccessivi e non sempre funzionali alla narrazione. E’ un modo per mascherare, certo, ma c’è da dire che Patel lo fa con stile, c’è un senso di crudezza e immediatezza in queste scene, che contribuiscono a creare momenti di puro divertimento cinematografico, offrendo al pubblico sequenze action divertentissime e anche molto gore, che sanno intrattenere e mantenere alta l’attenzione.
Il carisma di Dev Patel
Dev Patel come protagonista ci mette un sacco di energia e carisma a pacchi, la sua capacità di dare profondità al personaggio principale, inserendosi in un contesto tanto complesso, è notevole. Peccato per una già discussa apparente e poco chiara complessità narrativa che, cercando di abbracciare tematiche ampie e profonde, rischia di perdere in coerenza e chiarezza. Il tentativo di bilanciare il genere action con una riflessione più profonda è ambizioso ma non sempre efficace, e può lasciare lo spettatore disorientato.
Un action divertentissimo
Monkey Man, preso però come action duro & puro è divertentissimo, ed è impossibile negare l’impegno e la passione che Patel ha riversato in questo progetto. Con riserva, ma ampiamente promosso.