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Recensione di “The Substance” di Coralie Fargeat: Hollywood, giovinezza e orrore

In The Substance, Fargeat torna a esplorare temi come la misoginia e il corpo femminile, questa volta concentrandosi sull'ossessione

Recensione di “The Substance” di Coralie Fargeat: Hollywood, giovinezza e orrore

Coralie Fargeat è una regista che ha dimostrato, fin dal suo esordio con Revenge (2017), di essere una voce audace e innovativa nel cinema di genere. Con Revenge, ha preso il classico tropo della vendetta femminile, spesso trattato in modo superficiale da registi maschi, e l’ha trasformato in una feroce esplorazione del potere e della sopravvivenza dal punto di vista di una donna. In Revenge, Fargeat utilizza i classici cliché dell’horror e del film di vendetta per parlare di trauma e della risposta estrema alla violenza maschile. Questa combinazione di horror fisico e commento sociale caratterizza anche il suo secondo film, The Substance (2024).

In The Substance, Fargeat torna a esplorare temi come la misoginia e il corpo femminile, questa volta concentrandosi sull’ossessione per la giovinezza e la bellezza nell’industria dell’intrattenimento. Protagonista è Demi Moore nel ruolo di Elisabeth Sparkle, una ex-star della televisione che, per mantenere la sua carriera, accetta di usare una sostanza misteriosa che le permette di generare una versione più giovane di sé, interpretata da Margaret Qualley.

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Come nel suo primo film, anche qui Fargeat utilizza il body horror per esplorare come il corpo delle donne venga sfruttato, manipolato e rigettato dalla società, specialmente in un’industria come quella di Hollywood. Le somiglianze stilistiche tra i due film sono evidenti: l’uso di colori vividi, una narrazione minimalista che dà spazio a intense sequenze visive, e una violenza grafica che serve a sottolineare il tema della disumanizzazione delle protagoniste. In The Substance, i momenti più disturbanti non derivano solo dalla trasformazione fisica di Elisabeth, ma anche dal modo in cui questa trasformazione riflette la sua lotta interiore contro la propria percezione di inadeguatezza e vecchiaia​.

A livello visivo, Fargeat non delude, utilizza una regia quasi claustrofobica, con primi piani ravvicinati e una palette di colori accesi che intensificano il senso di alienazione e angoscia. In The Substance, l’ambientazione sembra un incubo degli anni Ottanta, con palestre, specchi e abiti scintillanti che evocano un’estetica vintage e kitsch, ma sempre con un sottofondo inquietante e minaccioso, richiamando registi come David Cronenberg e Brian Yuzna​.

Le mutazioni del corpo

Proprio con quest’ultimo regista, e in particolare con il suo Society – The Horror (1989), The Substance condivide una visione finale dirompente che trasforma il body horror in uno spettacolo grottesco e viscerale. Entrambi i film culminano con un’esplosione di splatter e gore, portando alla luce temi di disumanizzazione e critica sociale attraverso l’uso estremo del corpo. In Society (1989), la mutazione finale dei ricchi in una massa amorfa di carne che “assimila” i poveri è una chiara allegoria delle strutture di potere e classi sociali, un commento tagliente sul capitalismo e la corruzione​.

In modo simile, The Substance usa la trasformazione di Elisabeth in un corpo più giovane come una riflessione sugli standard irrealistici di bellezza imposti alle donne nell’industria dell’intrattenimento. Entrambi i film, nel loro finale, abbandonano ogni pretesa di realismo, abbracciando il surreale per esprimere il caos psicologico e fisico che i protagonisti subiscono. Fargeat, come Yuzna, trasforma il corpo in una carneficina simbolica, invitando il pubblico a confrontarsi con il disgusto e l’orrore, ma con una chiara critica sociale sottostante​.

Esagerata nel suo andare semplicemente “oltre”? Probabilmente, ma quale coraggio!

Demi Moore offre una performance che rivela tutta la pesantezza emotiva e fisica del suo personaggio, Elisabeth Sparkle. La sua interpretazione è segnata da un corpo che sembra portare il peso degli anni e della frustrazione, con ogni movimento e espressione che tradisce la lotta interiore contro la propria decadenza. Moore è abile nel trasmettere questo senso di auto-disgusto, rendendo visibile il conflitto tra il desiderio di restare giovane e la realtà del suo corpo invecchiato. In scene chiave, come quella in cui si osserva allo specchio, la sua incapacità di accettare ciò che vede è straziante, e ogni gesto diventa un simbolo della sua ansia e disperazione​.

Al contrario, Margaret Qualley, che interpreta Sue, la versione giovane e perfetta di Elisabeth, offre una performance molto più leggera e distante, quasi aliena. Sue è vuota, quasi priva di interiorità, un riflesso superficiale della bellezza giovanile che la società idolatra. Qualley riesce a catturare questa vacuità con una fisicità che esalta l’aspetto estetico, ma lascia trasparire un’inquietante mancanza di profondità emotiva. Mentre Moore si confronta con il peso della propria immagine, Qualley rappresenta il fardello della perfezione, ma con una recitazione fredda e distaccata, che fa da perfetto contrappunto alla furia emotiva di Moore.

Fargeat dimostra ancora una volta di saper usare il cinema di genere per raccontare storie che sfidano le norme patriarcali, e il film rimane una riflessione feroce sulla violenza psicologica che la società esercita sul corpo femminile, oltre che il più eccitante, elettrizzante, esaltante film che vedrete probabilmente da qui alla fine dell’anno.

THE SUBSTANCE sarà nei cinema con anteprime dal 18 ottobre e dal 30 ottobre in sala con I Wonder Pictures.

About Author

Giovanni Lembo

Giornalista, sceneggiatore, speaker, podcaster, raccontastorie, papà imperfetto. Direttore di Sitopreferito.it e fondatore del Preferito Network. Conduce Preferito Cinema Show su Radio Kaos Italy tutti i martedì alle ore 15, e il podcast L'Edicola del Boomer sulle principali piattaforme. Gli piacciono i social, i fumetti, le belle storie, scrivere di notte con la musica nelle orecchie, vedere un sacco di film e sognare ad occhi aperti.

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