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Sconosciuti Puri di Valentina Cicogna e Mattia Colombo, in sala dal 14 marzo

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Sconosciuti Puri di Valentina Cicogna e Mattia Colombo, in sala dal 14 marzo

Una persona che muore senza un nome è come una storia senza finale. La ricerca, la riflessione, il lavoro dietro questa storia è al centro di “Sconosciuti Puri”, un film di Valentina Cicogna e Mattia Colombo: a cercare un altro finale è la dottoressa Cristina Cattaneo, medico legale e docente all’Università Statale di Milano, e la sua squadra del LABANOF, che ha analizzato centinaia di cadaveri, per cercare e restituire loro il diritto all’identità e alla dignità.

Il film documentario, prodotto da Jump Cut, Amka Films Productions e Sisyfos Film Production, è stato proiettato in prima mondiale al Vision du Réel 2023 e in prima italiana al Biografilm Festival 2023: ora arriva al cinema, in sala dal 14 marzo, con la distribuzione di OpenDDB. Il film è finalista al David di Donatello – Cecilia Mangini 2024 per il miglior documentario e nella cinquina finalista dei Nastri d’Argento, categoria “Cinema del Reale”.

Sono centinaia i cadaveri senza nome che Cristina ha analizzato dall’inizio degli anni 2000, da quando è alla guida del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università degli Studi di Milano, il LABANOF. Il bisogno etico di fare giustizia porta Cristina ad occuparsi proprio di coloro che, nella morte ancor più che nella vita, vengono dimenticati, gli Sconosciuti Puri. Si tratta di cadaveri o scheletri che vengono ritrovati senza documenti che ne attestino l’identità: persone spesso ai margini della società. Una giovane donna scappata di casa e uccisa. Un senzatetto morto di freddo. O le innumerevoli vittime dei naufragi nel Mediterraneo. Muoiono lontano da casa, quasi sempre in solitudine, invisibili, anonimi.

Cristina e il suo team intercettano questi corpi, riportando alla luce la vita che c’era una volta, restituendo loro una dignità, un peso, un’esistenza, l’unicità. Ma ripristinare l’identità di una persona sconosciuta non è facile: a volte non c’è una denuncia, o avviene in un Paese lontano, gli unici parenti non possono muoversi facilmente, quando il corpo è irriconoscibile e l’unica conferma arriva dal DNA. Secondo Cristina, il nome è un diritto che non deve essere negato a nessuno. E ha un obiettivo, vuole portare l’attenzione dell’Unione Europea sulla negazione del diritto al nome. Vuole che l’Europa riconosca ufficialmente questo diritto, che sia assicurato a tutti. Anche ai migranti morti. Perché ciò avvenga, è necessario creare una banca dati europea in cui i dati degli Sconosciuti Puri possano essere incrociati con quelli degli scomparsi raccolti in qualsiasi Paese venga presentata una denuncia di scomparsa.

Cristina porta avanti la sua battaglia mentre i governi litigano ferocemente sul destino dei migranti vivi, anche durante la pandemia di Covid-19. Sembra una battaglia contro i mulini a vento. Eppure, Cristina non si arrende e non abbandona nessuno degli Sconosciuti Puri. Perché ha imparato che restituire un cadavere a chi lo ha amato significa prendersi cura dei vivi, di chi resta. Salvando entrambi dalla tortura del non sapere, salvando l’Europa dalla sua indifferenza.

« Sconosciuti Puri è un documentario d’osservazione – dichiarano i registi Valentina Cicogna e Mattia Colombo – che cerca di affrontare il tema dell’identità da un punto di vista insolito e, attraverso l’indagine, di rispondere alla domanda su cosa ci rende noi stessi, cosa ci rende riconoscibili, in ogni sfumatura del termine. In sostanza, cerca di toccare alcuni temi che fanno parte della nostra vita quotidiana, come le stragi nel Mar Mediterraneo e le piccole/grandi storie di invisibili che leggiamo sui giornali. Ma raccontiamo anche la storia di una donna, che accompagniamo passo dopo passo, e quella dei suoi colleghi, al suo fianco da anni, più di semplici collaboratori. Come in ogni film, i protagonisti devono misurarsi con degli antagonisti, dei “nemici” che, a differenza degli aiutanti, non hanno volto e spesso si nascondono dietro i rifiuti, dietro le porte che si chiudono o non si aprono affatto. Sono l’indifferenza e la lentezza della burocrazia. L’apatia delle istituzioni. L’ignoranza di chi non capisce l’importanza di occuparsi dei morti per prendersi cura dei vivi».

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