San Valentino a Vescovio tra arte, scoperte e delitti
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Una gita alla scoperta di Vescovio, tra antiche abbazie, il Forum Novum narrato da Plinio e Virgilio, conventi in rovina e rivelazioni sul caso Moro.
Racconto postumo di un San Valentino sopra le righe
Sopra le righe perché l’ho “festeggiato” da sola – come molti dei miei San Valentino – sapete, la mia dolce metà vive a “soli” 600 km in linea d’aria dalla mia abitazione e la sessione d’esami cade sempre di San Valentino, o viceversa.
Potreste pensare che sia alquanto strano festeggiare senza il partner, ma una festa è pur sempre una festa, e come tale, per me in quel giorno va fatto qualcosa che lo renda speciale; come andare in cripte dove la luce a timer ti si spegne mentre sei da sola e l’abbazia sotto la quale si trova è deserta, oppure scalare una collina sulla cui cima trovi antiche rovine di un monastero dimenticato o anche scoprire che, poco distante da dove hai parcheggiato l’auto, sorge un misterioso casolare legato a delitti di cronaca nera degli anni Settanta. Cose così…
Ma andiamo con ordine.
Quel fatidico San Valentino a Vescovio
14 febbraio, ore 10 e 30; mi metto alla guida della mia Popy-car dopo aver gustato un cornetto alla crema; imposto il navigatore: si va a Vescovio!
Mi hanno detto che in questa località lussureggiante, in provincia di Rieti, si trova un’antica abbazia, il Santuario di Santa Maria in Vescovio.
Dopo un’oretta di macchina imbocco un viale costeggiato da pini marittimi e cipressi. Sullo sfondo della strada fa capolino lei, l’abbazia, col suo bel campanile romanico.
Parcheggio in un ampio spiazzo che si apre sulla sinistra, accanto ad un’area recintata, in alcuni punti coperta da tettoie; è evidente che si tratta di scavi archeologici. Do una sbirciatina oltre la rete e scorgo ciò che resta di quello che doveva essere un vasto complesso edilizio; resti di mura, pilastri, pavimentazioni a mosaico… ma andiamo a vedere cos’ha da offrirci questo fantomatico santuario.
Il Santuario di Vescovio
Alla chiesa si viene introdotti passando per un cortile pavimentato con ciottoli di fiume, che a destra s’innalza di due gradini in una veranda creata al momento da spogli tralci di vite che d’estate penso debbano offrire un’ombra deliziosa.
Sebbene sia una giornata invernale, in cielo splende un bel sole, e varcando la soglia del santuario, devo attendere che gli occhi si abituino all’improvvisa penombra. Ad un primo sguardo, le pareti dell’edificio ad una sola navata mi sembrano spoglie, ma man mano si delineano sempre più nitidamente tracce di colore. Rimango sbalordita quando lentamente, si materializza davanti ai miei occhi un ciclo pittorico – risalente al XIII secolo – che ricopre la quasi totalità delle pareti. Raffigura episodi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento, che scorrono cronologicamente come un lungometraggio, in larghe bande sovrapposte. La narrazione s’interrompe sulla controfacciata per lasciar posto ad un immenso e affollatissimo “Giudizio Universale” di cui purtroppo, molte parti d’intonaco sono cadute.
Avanzo nella navata con lo sguardo che spazia rapito sulle scene dipinte, per poi posarsi sul pulpito che si erge a sinistra; sicuramente la sua erezione è successiva al ciclo pittorico, visto che lo copre in parte. Superato quest’ultimo scorgo due buie scalinate speculari che s’inabissano a destra e a sinistra sotto la zona absidale. Devono essere i due accessi alla cripta. Per stare più comoda nell’armeggiare con la macchina fotografica, lascio la borsa – che come al solito pesa come un macigno – accanto alle scale, tanto non c’è nessuno; le scendo, premo l’interruttore accanto all’ingresso e, con la via illuminata, inizio l’esplorazione.
Si apre dinanzi a me un ambiente dal basso soffitto a campate, l’aria è umida e con un lieve sentore di muffa; sorprendentemente scorgo alcuni affreschi che, nonostante l’umidità, si sono miracolosamente mantenuti. In corrispondenza dell’altare si apre il vano che, un tempo, doveva contenere le reliquie e, verso il visitatore si sporge un candido ripiano di marmo. Proseguo visitando l’altra ala della cripta; sto per risalire al piano di sopra quando mi ricordo che sulla lastra sotto l’altare era inciso qualcosa, una scritta; così torno indietro per fotografarla. Ma proprio mentre sto per scattare, tutto diventa buio, e l’unico bagliore che illumina per un istante l’ambiente è il mio flash.
Prendo così consapevolezza che l’illuminazione della cripta ha un timer.
Game Over per Sabrina. Sono nel bel mezzo di una cripta, con pavimenti alquanto dissestati, nella più completa oscurità; mi sento come padre Guglielmo da Baskerville nella biblioteca de “Il nome della rosa”. Il cellulare, con l’applicazione “torcia” è ovviamente nella borsa…
Potrei sempre farmi luce e avanzare a colpi di flash…
Provvidenzialmente, proprio mentre tento i primi passi incerti, sento chiara e distinta una voce maschile che annuncia la chiusura della chiesa. Comincio a comunicare a gran voce la mia presenza nella cripta, così sento dei passi affrettarsi nella mia direzione e un istante dopo le luci vengono riaccese.
Salvata in calcio d’angolo dal sagrestano!
Esco così dalla cripta e dalla chiesa, di nuovo riscaldata dai tiepidi raggi del sole di mezzogiorno.
Antiche rovine misteriose
Davanti all’abbazia si estende un vasto prato che proseguendo sulla sinistra si tramuta in una collina alberata, alle cui pendici noto una semplice croce di legno; nulla di strano se non fosse che a dieci metri di distanza, un po’ più in alto, ne scorgo un’altra…è una Via Crucis!
Allora c’è un percorso da seguire, e magari in cima c’è qualcosa che vale la pena vedere…
Comincio a salire a passi cadenzati il morbido declivio e in poco tempo giungo in cima. Avevo ragione!
Tra gli alberi, i ciuffi d’erba e i bassi arbusti emergono rovine di mura massicce ed imponenti in cui si aprono finestre e feritoie, resti di antiche fondamenta e persino un accenno di soffitto voltato a botte.
Non so se fosse un edificio laico o religioso, ma di sicuro doveva avere un forte impatto sui pellegrini che si recavano al santuario sottostante.
Tante scoperte al ristorante
È ormai giunta l’ora di andare a pranzare, così percorro il sentiero a ritroso e giungo davanti al ristorante; che si trova accano alla chiesa, visto che è stato ricavato dalla foresteria dell’abbazia. Appena entrata vengo accolta da un bel calduccio diffuso dal fuoco scoppiettante che arde in uno splendido camino Art Nouveau; l’aria è permeata dal profumo di carne alla brace e alzando gli occhi noto che il soffitto ha le travi a vista: incantevole.
Dopo essermi accomodata al tavolo e aver ordinato – da brava misofoba, quale sono – non resisto un secondo di più e vado a lavarmi le mani alla toilette, accanto alla quale, scorgo un pannello illustrativo che parla proprio del sito archeologico che ho visto nei pressi del parcheggio.
Scopro così che qui sorgeva Forum Novum, un florido centro mercantile romano che nel I secolo è stato elevato al rango di municipium ed era così importante che ne ha parlato Plinio nella sua Naturalis Historia e Virgilio nel VII libro dell’Eneide.
Ora, più edotta sul luogo in cui mi trovo e con le mani più pulite, mi siedo al tavolino; dietro di me c’è una chiassosa combriccola di vecchietti – sicuramente del posto – che chiacchera allegramente.
Una volta terminato il pranzo mi dirigo verso la cassa per pagare, e colgo l’occasione per chiedere al proprietario se le voci che girano sul coinvolgimento dell’area di Vescovìo nel sequestro Moro hanno qualche fondamento.
Pare che proprio un casolare vicino questo ristorante, in cui sono state ritrovate numerose armi e tutto il necessaire per “ospitare” una persona sequestrata, fosse uno dei covi di un’organizzazione terroristica e che molto probabilmente fosse legato al caso Moro. Mi dice che è un edificio rosso facilmente riconoscibile.
Visto che ci sono, chiedo lumi anche riguardo le rovine sulla collina; così mi informa che ciò che ho visto è quello che resta di un convento costruito sotto il pontificato di Clemente VII, alla fine del Cinquecento.
Arrivederci Vescovio
Una volta fuori del ristorante decido di farmi una passeggiatina nei campi circostanti dalle zolle rivoltate; dando calci annoiati ai sassi che incontro sul mio cammino. Rifletto sul fatto che l’antico Forum Novum non limitava di certo la sua estensione allo spazio recintato… chissà quali segreti nascondono ancora questi campi e quali edifici sorgevano su questa superficie. Mentre sono ancora assorta in questi pensieri mi riavvio verso la Popy-car.
Una volta in macchina potrei andare a dare un’occhiata al casolare rosso… ma oggi è San Valentino, e non mi va di recarmi in luoghi che rievocano eventi così tristi e dolorosi.
Piuttosto, mi sovviene una mancanza a cui devo al più presto porre rimedio: non ho ancora preso il dessert!
Andrò a sorseggiare una cioccolata calda all’Abbazia di Farfa.