Tra i vicoli della pittoresca Sperlonga
Segui Email Conosciamo meglio le bellezze di Sperlonga, in provincia di Latina, nella lista dei comuni più belli d’Italia.
Conosciamo meglio le bellezze di Sperlonga, in provincia di Latina, nella lista dei comuni più belli d’Italia.
Il sole è sorto sul secondo giorno della mia piccola vacanza. Oggi visiterò Sperlonga al mattino e Fossanova nel pomeriggio. Mi affaccio un momento al balcone della mia camera, da cui posso godere la vista della brulla Montagna Spaccata e poi rientro, ciabattando un po’ di qua un po’ di là per prepararmi e rendermi presentabile per la colazione. Una volta scesa in sala i miei occhi sono tutti per il buffet, da cui scelgo di assaggiare due prelibatezze locali: un bocconcino di bufala e una generosa fetta di torta caprese; il tutto accompagnato da un delizioso tè nero al gelsomino. Chi non mi conosce potrebbe rimanere sconvolto dall’accostamento, ma vi assicuro che riesco a fare di peggio, credetemi sulla parola…
Con il nostro pullman; percorriamo la strada che da Gaeta ci conduce a Sperlonga seguendo il profilo della costa e la nostra guida – che per fortuna non è la stessa del giorno precedente – ci rende edotti sulle spiagge nudiste presenti a Gaeta, situate in posizione leggermente periferica rispetto al centro storico; ve lo comunico, nel caso qualcuno fosse interessato…
La Villa di Tiberio
La prima tappa della giornata è al museo di Sperlonga che sorge poco fuori dal centro abitato. La sua nascita si deve a dei lavori stradali che si stavano svolgendo nel 1957 su un tratto che ricalcava l’antica via Flacca Valeria. Qui si sono incominciati a rinvenire reperti archeologici che in seguito hanno permesso di identificare il sito come la Villa di Tiberio – imperatore dal 14 al 37d.C. – che si era fatto costruire in questo luogo una dimora sontuosa per sostare con tutti gli agi, durante il tragitto che da Roma lo conduceva alla sua ben più nota “casa vacanze”: Villa Jovis sull’isola di Capri.
La caratteristica unica e spettacolare che ha reso leggendario questo palazzo imperiale è il suo particolare triclinio – la sala da pranzo per intenderci – in perfetta osmosi tra architettura umana e natura circostante. Vado a spiegarmi meglio: se già riteniamo bello il terrazzino affacciato sul mare su cui cena Montalbano, immaginatevi una grotta naturale in cui l’acqua del mare ha accesso, rifrangendo la luce sulle pareti di roccia, addomesticata sapientemente dall’uomo; donando il lascivo riflesso di una sala da banchetto sull’acqua, impreziosita da candidi gruppi marmorei che raccontano episodi delle imprese di Ulisse, l’eroe greco che proprio navigando su questa costa, si è fermato nella dimora della maga Circe, che si staglia di fronte a questa grotta, sul monte lussureggiante e selvaggio, che ancora oggi, in suo onore, chiamiamo Circeo.
Spero di aver reso almeno un po’ l’idea di quanto sia splendido questo luogo.
Il museo di Sperlonga è composto dalla struttura vera e propria della villa e dall’edificio che ospita le statue del ciclo scultoreo che era situato all’interno della grotta. La prima statua che si offre ai miei occhi è magnifica quanto raccapricciante nella sua crudele crudezza: è Scilla, che fa pasto e scempio dell’equipaggio di Ulisse. Qualcuno potrebbe chiedersi: chi è questa Scilla? È una creaturina dolcissima e coccolosa la cui presentazione lascio ai versi dell’“Eneide” di Virgilio:
“Invece un antro racchiude in ciechi nascondigli Scilla
che sporge il volto e attrae le navi sugli scogli.
In alto parvenza umana e fanciulla dal bel petto
fino all’inguine; in basso mostro dal corpo smisurato
unendo code di delfini e ventre di lupi.
Meglio percorrere le mete del trinacrio Pachino
indugiando, e percorrere in giro una lunga rotta,
che vedere un’unica volta nel vasto antro
l’orrenda Scilla e gli scogli risonanti di cani cerulei.”
Contemplo rapita il grande gruppo scultoreo mentre la guida ci racconta che l’ottima fattura delle opere è dovuta alla mano esperta di tre grandi artisti del passato: Agesandro, Atanodoro di Rodi e Polidoro – che sono anche gli autori del “Laocoonte” esposto nei Musei Vaticani – mica pizza e fichi…
Nell’ampio ambiente adiacente questa sala, è ospitato il titanico episodio dell’“Accecamento di Polifemo”. Le membra mollemente adagiate del ciclope addormentato creano un contrasto carico di tensione con l’atteggiamento cauto e nervoso di Ulisse e i suoi compagni che si apprestano all’azione.
I restanti gruppi scultorei rappresentano: “Ulisse e Diomede” nell’atto di trafugare il Palladio – la statua della dea Atena, grazie alla quale, secondo una profezia, la città di Troia avrebbe potuto essere conquistata – Ulisse mentre trascina fuori della mischia il corpo senza vita di Achille – poiché non esisteva alcun originale greco dell’episodio mitico, la guida ci spiega che gli scultori scelsero come modello il famoso gruppo bronzeo di “Menelao e Patroclo”, di cui restano numerose copie romane in marmo, tra cui quella detta del “Pasquino”, una delle celebri statue parlanti di Roma – e infine, l’episodio del rapimento del giovane Ganimede ad opera di Zeus, in forma di aquila.
Ora che abbiamo fatto la conoscenza delle statue che ornavano la grotta dell’imperatore, possiamo finalmente andare a visitarla di persona. Si giunge dinanzi a questo antro dal fascino ammaliante, dopo aver percorso un breve tragitto sfiorando le fronde flessuose di un “boschetto” di ulivi.
La visita alla grotta è un’esperienza che coinvolge tutti sensi: la quieta e sommessa melodia della risacca del mare porta con sé il profumo umido e salmastro della salsedine che intride la roccia di questa caverna, resa fluida dall’inganno ottico delle lame di luce riflesse dall’acqua increspata dal vento.
All’antro si accede percorrendo uno stretto camminamento in muratura lambito dall’acqua delle vasche e vengo informata che questo angusto passaggio, era l’“arena” di scontro di gladiatori che combattevano per allietare l’imperatore e i suoi ospiti; ovviamente, lo sconfitto che cadeva – ferito o no – in acqua diventava il banchetto delle murene – che venivano allevate in queste vasche – tingendo romanticamente l’acqua di rosso. I romani nutrivano un vero e proprio amore per lo splatter e questo esempio in particolare penso sia degno dei super cattivi nei film di James Bond!
Mentre mi aggiro nell’umida penombra della grotta, scorgo due alcove che prima non avevo notato, ricavate scavando nella roccia. A quanto pare l’imperatore, dopo i banchetti, si ritirava in questi ambienti adiacenti la sala principale per intrattenersi con piacevoli compagnie. Nulla di strano se non avessi fatto il classico e non sapessi che le “piacevoli compagnie” di cui ci parlano storici attendibili come Tacito e – un po’ meno – come Svetonio non fossero con ogni probabilità, bambini. Anche se, principalmente, indulgeva in questi “passatempi” nella sua Villa Jovis a Capri, questo in fin dei conti, era il palazzo in cui soggiornava mentre andava in villeggiatura… dunque è plausibile che qualche svago dello stesso tipo poteva concederselo anche qui.
E ora che ci penso, di tutte le statue che costituiscono l’apparato decorativo della grotta, l’unica che non raffigura un episodio riguardante Ulisse è il “Ratto di Ganimede”; la cui collocazione era in una nicchia antistante l’ingresso della grotta. Improvvisamente non mi sembra più così strano che all’ingresso di questo ambiente svetti una scultura rappresentante un giovinetto ghermito alle spalle da un grosso uccello, visto ciò che probabilmente accadeva all’interno…
Con la mente piena di pensieri cupi, dubbi e supposizioni che difficilmente verranno dissipati nella nebbia del passato cui appartengono, riemergo dall’ombra di questo luogo dall’inquieta bellezza per venire nuovamente accarezzata da un tiepido raggio di sole.
Tra i vicoli di Sperlonga
Lasciata la splendida villa degli ozii di Tiberio, il pullman ci porta nel centro storico di Sperlonga; così meravigliosamente pittoresca nella predominante bicromia bianca e azzurra da sembrare un dipinto ad acquerello.
Passeggiamo curiosi e ammirati tra i vicoli decorati con piccole pitture di paesaggi marini e composizioni di conchiglie, fino ad arrivare ad una piazzetta con un pozzo, nel cuore del groviglio di vie, impreziosita da una cornice di glicine. Una delle due pareti ospita un grande murale, sicuramente realizzato in tempi recenti, ma di foggia assolutamente medievaleggiante. In realtà, più che un dipinto murale, sembra la pagina di un grande fumetto visto che vi sono rappresentate varie scenette accompagnate dal testo. La guida ci racconta che la storia narrata è quella della nobile Giulia Gonzaga, la cui bellezza venne cantata da poeti del calibro di Ariosto e Tasso:
“All’alba di una calda e soleggiata giornata di agosto del 1534, una flotta di pirati guidata dal terribile Khayr-ad-Din chiamato “il Barbarossa” sbarcò a Sperlonga. Il corsaro era stato incaricato dal sultano ottomano Solimano “il magnifico” di portargli i migliori tesori italiani e rapire la più bella ragazza italiana: la Principessa Giulia Gonzaga. Nata a Modena, viveva a Fondi dopo aver sposato il conte Vespasiano Colonna. Dopo essere stata rapita e imprigionata dai pirati, la bella e furba Giulia riuscì a convincere la sentinella di guardia a liberarla, dopo che ella gli ebbe offerto un certo “fiore”… una volta fuori dalla prigione tornò da sola indisturbata a Fondi vestendo abiti maschili.”
Che donna… penso ammirata dinanzi a tanta coraggio e intraprendenza.
Prima di risalire sul nostro simpatico torpedone, mi attardo un momento ad acquistare quel nettare d’ambrosia che è il Moscato di Terracina – cittadina che sorge poco distante da qui – e degli orecchini realizzati con variopinte piume di pavone, che, in un luogo così pervaso da leggende e mitologia, mi ispirano tanto, visto che questo magnifico uccello era sacro a Era, la moglie di Zeus, il re degli dei.
Dopo aver pranzato con un’immensa e assolutamente appagante mozzarella di bufala, ci dirigiamo verso l’ultima tappa del tour: l’Abbazia di Fossanova. Ma questo ve lo racconterò nel prossimo articolo. Stay tuned!